L’ignoranza è la condizione che accomuna tutti gli esseri umani. Le sole conoscenze di cui l’Homo sapiens inteso come specie dispone, una briciola al cospetto dell’ignoto infinito che lo circonda, sono talmente tante da non poter essere ospitate da nessuna biblioteca, meno che mai in una testa, e si espandono a ritmo crescente con una velocità inimmaginabile solo molto meno di un secolo fa.
Con il termine di scienza si può intendere, così come dall’incipit del lemma Treccani, l’“insieme delle discipline fondate essenzialmente sull’osservazione, l’esperienza, il calcolo, o che hanno per oggetto la natura e gli esseri viventi, e che si avvalgono di linguaggi formalizzati.” Più restrittivamente, con la parola scienza si può comprendere solo quanto risulta dall’esperienza e abbia le caratteristiche della ripetibilità permettendo, dunque, di pronosticare il risultato di un insieme di fatti concomitanti.
Solo per fare un esempio tra i mille e mille possibili, non pochi popoli dell’antichità sapevano prevedere con precisione assoluta la data di un eclisse. Questo perché avevano ricavato dall’osservazione regole certe con il diritto di rientrare nella definizione che ho definito ristretta.
Per motivi che non saprei spiegare del tutto, il termine di scienziato, di fatto pertinenza esclusiva di chi di scienza si occupa, è spesso inteso come una sorta di titolo nobiliare quando, invece, non definisce altro che un mestiere nobile quanto qualunque altro.
Tra coloro che pretendono di rientrare in una classificazione che non compete loro ci sono molto spesso i medici, il che è curioso, dato che la medicina, che scienza non è, è una disciplina di gran lunga più complessa e impegnativa rispetto a quelle che scienza sono davvero. La medicina, quella ideale, applica ciò che l’avanzare delle conoscenze scientifiche permette, ma l’applicazione cieca conduce inevitabilmente ad errori che, stante la natura della medicina, fanno guai. E, allora, chi è chiamato a quelle applicazioni, cioè il medico, non solo deve conoscere a menadito i risultati scientifici ma deve muoversi su un terreno, quello dell’organismo umano, che tutto è fuorché omogeneo tra individuo e individuo. Insomma, la scienza fornisce l’automobile ma a guidarla tra autostrade e percorsi da Camel Trophy deve essere qualcuno capace di farlo commettendo il minor numero di errori possibile.
Giusto per chiarezza, la medicina non è scienza perché le mancano almeno due caratteristiche fondamentali: la ripetibilità e la possibilità di pronosticare i risultati della sua applicazione.
La figlia primogenita della scienza è la tecnologia, vale a dire l’applicazione pratica delle conoscenze: madre e figlia che non devono essere confuse.
Chiusa questa lunga e noiosa premessa, chiunque pretenda di essere detentore di una sorta di onniscienza altro non dimostra se non la sua incommensurabile ignoranza. Se, poi, a questo si unisce l’ingenua arroganza di pretendere una propria superiorità culturale addirittura estesa a territori del sapere palesemente estranei a quelli di propria competenza, e questo, per soprammercato, in nome di uno status oggettivamente privo di significato, non si può altro che constatare come ci si trovi di fronte ad una macchietta. Macchietta che non sempre è divertente, macchietta che non sempre è innocua.
Può accadere che qualcuno, per una serie disparata di motivi, si ritrovi dopo anni di mediocrità su un palcoscenico nella luce del cosiddetto occhio di bue. Può accadere che questo ipotetico soggetto non abbia la capacità di valutarsi per ciò che è e per ciò che vale, e resti abbagliato dal riflettore e in uno stato stuporoso ed euforico indotto dagli applausi che una platea mediocre sempre in cerca di eroi, non importa di che levatura, gli tributa. Può accadere che, uscito dalla coscienza, il nostro personaggio immaginario si gonfi fino ad acquisire un aspetto enorme e grottescamente deforme che, ormai privato di ogni capacità di giudizio, reputa essere la caratteristica che lo fa superiore a chiunque. Può accadere, allora, che il nostro protagonista incontri qualcuno che, in un campicello del sapere lontanissimo da quello che dovrebbe essere di sua pertinenza, gli faccia notare certe incongruenze con il suo agire e il suo dire, arrivando perfino a consigliargli di praticare la virtù a lui sconosciuta e per lui offensiva dell’umiltà: di fatto una saggia forma di prudenza. E allora, ormai senza il freno necessario, il nostro eroe strepita “Non vedi quanto sono grosso!” con questo reputando di aver già dimostrato così la sua superiorità a priori su non importa quale terreno.
Può accadere, e spesso accade, che soggetti simili perdano qualunque concetto di moralità ed, approfittando della posizione acquisita, commettano delitti della cui natura e della cui entità non si rendono nemmeno conto.
Come accadde ai Robespierre, agli Hitler, ai Gheddafi, ai Pinochet, può accadere che questi personaggi passino in un fiat dal consenso entusiasta e istericamente infondato ad una fine non proprio auspicabile, e questo non appena le loro malefatte, in genere evidentissime fin dall’origine, fanno pendere in altro modo la bilancia. E, in genere, sono proprio coloro che fino ad un attimo prima gridavano gli osanna a scagliare le pietre della lapidazione.
Non so perché leggendo il suo post, fin dalle primissime righe, ho pensato subito al SOMARO sborione, a quell’incredibile MACCHIETTA che, tutta gonfia d’aria come la rana della favola di Fedro, vagola abusiva in quella ridicola università catto-massonica.
Ricordo con nostalgia vomitante quando questa mosca cocchiera frequentava il Blog e nascosta dietro uno shitname si spacciava per una donna e da mane a sera delirava senza ritegno scagazzando in modo ossessivo e compulsivo.
Per fortuna alla fine la macchiettina è stata cacciata.
RISPOSTA ad Ottaviano – La sua è un’associazione d’idee che non mi sarebbe mai passata per la testa. La MACCHIETTA è puramente immaginaria e, naturalmente, non esiste se non nella mia fantasia distorta.
Ieri sera una macchietta si è esibita su La7, sostenuta da un trio che pensava di fare la “spalla”, ruolo piuttosto difficile e che richiede doti non comuni. Infatti il trio si è reso ridicolo certamente, ma in modo patetico, non provocando il riso ma il sorriso tirato a smorfia; il minimo per un comico. La macchietta si sta forse allenando alle luci della ribalta perché pare che un partito lo voglia ribaltare nel suo staff dove già abbondano macchiette di ogni tipo; il Partito Dolente.
RISPOSTA ad Eugenio Cassi – A parte il fatto che La7 non rientra fra le mie frequentazioni, ieri sera io ero in un teatro di provincia ad assistere alla recita di antichi compagni di liceo di mia moglie in veste di attori dilettanti. Insomma, non ho sprecato il mio tempo come, invece, ha fatto lei.