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Le stagioni non sono più quelle di una volta

D’improvviso Obama si sveglia.

Quello che chiunque abbia un’età che abbia superato il mezzo del cammin di nostra vita può testimoniare è che “le stagioni non sono più quelle di una volta”. Insomma, i cambiamenti climatici che stiamo vivendo hanno acquisito una rapidità mai sperimentata prima e quelle variazioni che nel corso della vita della Terra impiegavano secoli quando non millenni ora si avverano nel giro di qualche anno.

Il nostro pianeta è teatro di una complessità enorme, complessità di cui noi conosciamo solo una minima frazione, e su quella complessità raffinata si regge il suo equilibrio. Va da sé che quell’equilibrio può essere cambiato come e quanto si vuole: un  nuovo equilibrio si formerà subito di conseguenza. Non è detto, però, che il nuovo scenario sia compatibile con la vita dell’Uomo o anche solo con il suo benessere. Le avvisaglie ci sono e sono molto chiare.

Essendo l’equilibrio delicatissimo, basta quello che a noi può apparire un nonnulla per alterarlo, ed è esattamente ciò che noi stiamo facendo dalla Prima Rivoluzione Industriale in poi in un’accelerazione che ora ha portato la velocità fuori del controllo del pilota, se mai un pilota cosciente di esserlo c’è stato o c’è.

Per anni, e per vederne le conseguenze in laboratorio, io ho ripetuto queste che in fondo sono ovvietà così ovvie da essere banali e la reazione da parte degli “scienziati” di regime – la stessa razza dell’amianto innocuo, per esempio – è sempre invariabilmente stata quella di ridermi in faccia: io sono ciò che rimane dei patetici Figli dei Fiore degli Anni Sessanta. Ma quali cambiamenti climatici! È tutto perfettamente nell’ordine naturale.

Il che, tutto sommato, non fa una piega: se un animale – l’Uomo, in questo caso – agisce interferendo con il proprio habitat, nessuno potrà mai dire che si sta recitando qualcosa d’innaturale. L’Uomo fa parte della Natura, la Terra pure e la reazione della Natura è assolutamente naturale perché la Natura non saprebbe fare altrimenti. Così, con la benedizione degli “scienziati” di regime – la stessa razza della diossina blandamente cancerogena solo per i ratti – eccoci lanciati a velocità crescente verso un destino che ci è almeno in parte ignoto, e la cui parte nota viene chiassosamente snobbata. Come sempre i politici, statisticamente ignoranti, hanno abbracciato entusiasticamente le tesi “scientifiche” che facevano loro comodo ed eccoci ora ad un punto che, sotto diversi aspetti e come lo stesso Obama è stato costretto ad ammettere, senza ritorno.

Allora razionalità vorrebbe che s’imprima una brusca frenata ad un modo evidentemente fallimentare di concepire il consorzio umano e si cerchi di mettere pezze a tenuta laddove è ancora possibile farlo. Questo accantonando in fretta gli “scienziati – Lucignolo” e scegliendoci politici degni del compito di reggere virtuosamente la società.

Di fatto che si fa? Beh, davvero pochino.

Basta dare un’occhiata al tema dolente dell’energia. L’Uomo è l’unico essere vivente che, per condurre la sua società, usa energia non ricavata direttamente dal Sole e, diventato rapidamente bulimico, ne produce un bel po’ di più di quanto non ne usi. Tanto per restare a casa nostra, noi abbiamo una capacità di produzione energetica che supera i 120 GW (miliardi di Watt) e di questa ne usiamo correntemente sì e no un quarto, con una richiesta di punta che nel luglio 2007 toccò i 56,8 GW, valore mai più avvicinato. Ci si potrebbe chiedere il perché di questa stranezza, di questa tanto vistosa ridondanza, e la risposta è semplice: chi, nel nostro Paese, produce energia bruciando qualcosa, non importa che cosa, viene coperto di quattrini dallo Stato. E allora si devastano i boschi, si snaturano le vocazioni agricole, s’inquinano aria, acqua e terra, si distruggono piccole attività che sono d’ingombro, si fanno ammalare le persone, il tutto per il nobile fine d’intascare il denaro, tanto denaro, che il nostro Paese elargisce a chi fa “impresa” in quella maniera.

Tornando per un attimo ad Obama, da lui è arrivata, tra l’altro, la condanna delle micidiali centrali elettriche a carbone, peraltro già da anni in fase di chiusura in America. Eppure da noi sono la “novità”. Alla foce del Po, in un parco naturale tanto bello quanto delicato a cavallo tra Veneto ed Emilia, la vecchia, inquinante centrale ad oli pesanti sarà alimentata proprio a carbone, certo non migliorando le cose. Di questi impianti ne abbiamo già 13 in Italia e le conseguenze sono note a chi non si tappa gli occhi e il cervello. Siamo pazzi? Ognuno si faccia la sua opinione.

Ma la follia nostrana, l’incapacità dei nostri politici, la “disinvoltura” dei nostri “imprenditori” non sono testimoniate solo dai grandi impianti: ora c’è la moda delle centrali cosiddette “a biomasse” dove il prefisso bio è il classico espediente per spacciare, rendendolo appendibile, un boccone velenoso. Queste piccole centrali non sono solo perfettamente inutili perché non ne abbiamo bisogno, ma devastano capillarmente il territorio con tutto quanto va al seguito, salute compresa.

Come è accaduto ormai troppe volte, noi arriveremo tardi a renderci conto di situazioni palesi e alla nostra dissennatezza e credulità verso scienziati e politici infedeli pagheremo un prezzo carissimo. Anzi, lo pagheranno i nostri figli che avranno tutto il diritto di non esserci grati.