Sono passati anni. Sei, mi pare. Ormai, chi se lo ricorda più? La Procura della Repubblica di Mantova mi chiede di fare una marea di analisi al microscopio elettronico perché, secondo una signora magistrato, un certo impianto sarebbe responsabile di un inquinamento bestiale.
Non so
quante volte mia moglie ed io andammo a Mantova, non prima di aver detto alla signora che, a parer nostro, un parere offerto del tutto gratuitamente, era a dir poco improbabile che l’inquinamento bestiale venisse da lì. La signora magistrato fu irremovibile: viene da lì perché lo dico io e si fanno le analisi del caso.
Fatti i conti, si trattava di una cifra considerevole, ma, di fronte ai voleri di un magistrato…
Lavorammo per mesi, pendolando tra il microscopio elettronico di Modena e Mantova. Alla fine partorimmo un rapporto grosso come un tomo della Treccani in cui, come previsto gratis, l’impianto non c’entrava se non in modo molto marginale e la Procura ci disse che quello che avevamo fatto andava bene.
Dopo qualche anno venimmo pagati. Più o meno un quinto di quanto avevamo speso. La signora magistrato partì per altri lidi e noi restammo becchi e bastonati, con le fatture emesse su cui pagammo IVA e tasse varie come se avessimo incassato quanto ci spettava.
Sono passati anni. Quattro. Cinque. Di più, se si parte dall’inizio. La Procura della Repubblica di Terni ci affida un lavoro importante da fare a proposito di uno degl’inceneritori cittadini (sì, perché a Terni ce n’è più di uno). Avanti e indietro da Terni, persino in sala autoptica, centinaia di ore di microscopio elettronico e un librone di conclusioni ancora una volta grosso come un tomo della Treccani. Alla fine l’inceneritore viene sequestrato e poi raso al suolo. Pagare? Beh, dopo anni la pratica passa da Terni a Perugia dove s’insabbia in un oceano di scartoffie. Telefonate, raccomandate… Ma chi se ne frega! A Perugia, all’ufficio Insabbiamenti, mica sono lì per pagare! L’ultima telefonata è stata da trattamento sanitario obbligatorio: “Insomma: dovete avere UN ATTIMINO di pazienza!” Già, un attimino. Mi girano le scatole e dico che voglio non solo i miei soldi ma gl’interessi come la legge prevede. Oltre il filo c’è la risatina: “La legge…” Appunto, la legge. La legge la rispettano i fessi, mica i tribunali. Intanto, per legge, tasse e IVA le abbiamo pagate da un pezzo come se avessimo incassato davvero i nostri soldi. Da tempo ci siamo rivolti a un avvocato e ad ottobre pare saranno messi all’asta alcuni beni del tribunale per saldare i debiti con noi. Spero che non vada all’incanto uno dei loro funzionari perché, altrimenti, ci ritroveremo un debito in più sul groppone.
Ma noi lavoriamo pure per il Ministero della Difesa. Morosi? Nemmeno da chiedere: ça va sans dire. Ma qui c’è un altro numero da avanspettacolo. Mesi fa l’ufficio “competente” chiude e ne apre un altro di pari competenza. Bisogna annullare le vecchie fatture e rifarne altre con il gioco dell’oca dei tempi di pagamento che torna alla casella zero. Poi, invece di pagare i loro debiti, i difensori della Patria cincischiano come da manuale (vero ex ministro Brunetta?) e, nel frattempo, il nostro salvatore (Mario Monti) aumenta l’IVA dal 20 al 21%. A inizio agosto (io non ho fatto le ferie e, dunque, ero in laboratorio) mi telefona un buontempone del Ministero, ufficio Tiri Burloni, dicendomi che loro mica hanno i soldi per pagare l’aumento dell’IVA e, dunque, è vero che quella tassa, per legge, la devono pagare loro ma, se vogliamo i nostri soldi, la dobbiamo pagare noi. E non solo per l’ultima fattura ma anche per quella precedente per la quale dobbiamo restituire i quattrini. Ricatto? Ognuno si faccia la sua idea. Comunque, non ho alternativa e accetto.
Ma non è finita qui. Passano le settimane, senza, ovviamente, che il pagamento arrivi, e un bel giorno mi telefona una tale dottoressa Pincopallina della Direzione Centrale, sezione Decerebrati, che mi dice che i documenti che abbiamo inviato per pagare noi l’IVA non vanno bene. Perché? Perché noi abbiamo emesso una “nota d’accredito” mentre lei voleva una “nota di credito”. Faccio notare che si tratta dell’identica cosa. “Per niente affatto: lo dice la parola stessa,” fa lei. Quale parola? “La stessa.” Ormai il giramento di scatole è tale che potrebbe produrre energia per l’intera nazione. La tentazione è quella di prendere il primo treno per Roma e, arrivato, comprare un Калашников (Kalašnikov) usato (pare costino poco) e dare una mano vera alla Patria. Dopo qualche ora la signora Pincopallina mi telefona. Hanno controllato: “nota d’accredito” e “nota di credito” sono la stessa cosa. Ma va! Allora arrivano i soldi? Beh, dalla scrivania 8bis/Paperino la pratica va alla firma del dottor Pietro Gambadilegno che ora è in ferie. Poi, una volta che il documento sarà firmato (ma non è detto), andrà alla revisione dell’ufficio Battaglia Navale ora in fase di fusione con l’Ufficio Monopoli. Terminata la fusione e revisionato il tutto, le carte saranno trasferite a mezzo piccione viaggiatore all’ufficio Ceralacca dove il timbrocrate di servizio, se sarà rientrato dal permesso, apporrà, se tutto è in ordine, i suoi sigilli. Da qui, non appena sarà espletato il concorso per l’assunzione del fattorino che dovrà sostituire quello defunto nel ’46, il malloppo passerà all’ufficio Vediamo un Po’. Poi…
Io ho due figli: uno ha 31 anni e l’altro 29. Ce la faranno a vedere quei soldi prima di lasciare questa valle di lacrime? E se, nel frattempo, saremo attaccati dalla Curlandia? Prima che il Ministero della Difesa se ne accorga, prima che l’attacco venga riconosciuto e approvato da tutti gli uffici del caso, passeranno gli anni. Speriamo che l’esercito nemico, fermo al Brennero in attesa del permesso d’invaderci, si stufi e vada a conquistare un paese più abbordabile.
La casa che rende folli![i]… e il lasciapassere A38?[/i]http://www.youtube.com/watch?v=V-SxO8ZgH3o RISPOSTA Per prima cosa bisogna chiedere all’addetto alle informazioni, quello che fuma il toscano sulla poltroncina sotto il cartello Vietato Fumare. Lui alza gli occhi dalla Gazzetta dello Sport e biascica (è un obbligo professionale) che si deve prendere il numero alla macchinetta. Che non funzioni da due anni per esaurimento carta lo si apprende solo dopo aver provato. Gentilmente un signore in attesa di essere ammesso all’ufficio Pizza e Fichi (momentaneamente c’è solo una giacca sulla spalliera della sedia) informa che il numero si ottiene al bar di fronte (chiedere… Leggi il resto »