Dopo tempo immemorabile oggi è arrivata una donazione. Venti Euro. La mia reazione è stata a metà strada tra la risata amara e la commozione: commozione nei riguardi di chi si è preso la briga di cavarsi venti Euro (più spese postali) dalle tasche e risata amara innescata, magari patologicamente, dallo schifo che provo verso l’Italia,
l’Italia delle chiacchiere, l’Italia dei giudici da osteria, l’Italia dei furbi, l’Italia di chi “tanto bisogna morire”, l’Italia di chi “IO speriamo che me la cavo”, con quell’IO scritto a tutte maiuscole perché da noi lo spirito di squadra è qualcosa da lasciare ad altri con una strizzatina d’occhio d’intesa al vicino furbetto quanto noi. Come canta il nostro pur orridamente retorico inno nazionale, noi non siamo popolo e chi ci calpesta siamo noi stessi come polli in batteria ognuno carnefice dell’altro.
Nella mia ingenua follia, io ho tentato di fare qualcosa per questa Italia che non ce la faccio più ad amare nemmeno quando gioca la Nazionale di calcio, quell’accolita di giovanotti baciati da improvvisa ricchezza ai quali affidiamo il nostro onore e che, nella loro infinita e per molti consolante ignoranza, non si rendono nemmeno conto che stringersi a corte e non a coorte li trasforma tutti in mutanderos nostalgici della monarchia.
Se l’amor di patria è morto per annichilimento, resta in me la cocciutaggine del maratoneta senza talento ma con grinta e non mollo. Però, se mi allontano un attimo da me stesso, mi accorgo che più corro, più la meta si allontana. E si allontana per l’ipocrisia e la viltà della stragrande maggioranza di chi, con comicità tragicamente suicida, intendevo aiutare, vale a dire coloro che, almeno burocraticamente, restano i miei connazionali.
Li volevo aiutare ma quando scrivo dell’impresa di quel condottiero di topi che è Beppe Grillo, l’Itagliano (permettetemi di diversificarlo dall’Italiano di cui ero innamorato) si annoia: “se l’ha fatto, avrà le sue ragioni;” “se Montanari è un coglione, ben gli sta;” “uffa, che barba con questo microscopio!” Giusto, Itagliani, crepate senza rotture di scatole: ne avete facoltà. Tuttavia, visto che i media non lo fanno, complici come sono del Ragioniere, commensali tutti alla stessa tavola di cui gl’Itagliani sono camerieri, cuochi, sguatteri e anfitrioni sempre rigorosamente a digiuno, voglio comunicarvi che il microscopio sottrattoci il 22 gennaio 2010 (duemiladieci) non è MAI stato usato ad Urbino. Dunque, le idiozie sparate dalle varie Bortolani, Toni, Rossi e Giove preso in rappresentanza dei grillini assortiti sui risultati che quella miserabile sottrazione avrebbe fruttato sono, come era evidente fin dall’inizio ma non per voi Itagliani, idiozie e basta. Sappiate, allora, che l’apparecchio che avrebbe consentito ricerche epocali a chissà quanti studiosi ha partorito ZERO. Aggiungo che, sbolognato il microscopio all’ARPAM di Pesaro perché studiasse i manufatti di amianto (!), il risultato è restato coerentemente ZERO, e non solo per l’evidente insulsaggine di una ricerca che, fosse fatta, sarebbe il solito, italiota topolino partorito da una montagna, ma perché a Pesaro non hanno un microscopista e, dunque, che se ne fanno del microscopio? Insomma una formula 1 tenuta in garage perché nessuno la sa guidare. Intanto, però, si è fatto ciò che Grillo desiderava: impedire una ricerca che, con ogni evidenza, lo imbarazza o, chissà, imbarazza chi lo manovra.
Oggi, a due anni, due mesi e due settimane dal “trasloco”, davanti allo schifo dell’imbavagliamento che ormai nessuno può più negare, il silenzio. Nessuna esternazione del capopopolo di plastica Grillo che, dopo aver fatto ciò che ha fatto, se ne sta vigliaccamente acquattato; nulla dall’avvocatessa Bortolani, lacrimosa dama di carità che se ne frega di chi le schiatta a due dita dal sedere; non una parola dai grillini che si sono dilettati a scrivere infamie sempre sfuggendo ad ogni confronto come, del resto, il loro trombone; loquacissimo silenzio da parte della signora Valeria Rossi che per mesi ha imperversato in rete con il suo giornalino inventando le idiozie più lerce sul mio conto e che aveva giurato di tuonare se il microscopio non fosse stato usato come, senza avere facoltà divinatorie, avevo facilmente previsto io; vuoto dalla signora Sonia Toni che alla “giornalista” Rossi ha dato man forte firmando un patetico guazzabuglio di bavose bugie condite di patetiche assurdità e, va da sé, non una riga dai giornali, con Il Fatto Quotidiano in testa così, se ancora ce n’era bisogno, da dimostrare una volta di più di che pasta è davvero fatto al di là dei suoi proclami.
E noi in questo miserabile laboratorio? Noi, per intervento del giudice Andrea Rat del Tribunale di Reggio Emilia, siamo riusciti ad ottenere l’uso del microscopio “almeno una volta la settimana” come ipocritamente recita quell’esempio di squallore che è l’atto di “donazione” messo insieme, ovviamente a nostra insaputa, dall’ineffabile Marina Bortolani, presidentessa dell’altrettanto ineffabile onlus Carlo Bortolani, una onlus nella quale nessuno può entrare e con i conti relativi alla raccolta fondi per il microscopio più segreti di un segreto di Fatima. Va detto che, a dispetto di quella buffonata di atto di “donazione”, per ventitre mesi noi non abbiamo avuto accesso al microscopio, sempre nel silenzio generale. Così ora, da metà dicembre scorso, ogni venerdì all’alba mia moglie prende il treno da Modena e va a Pesaro dove per qualche ora può fare qualcosa con quello che resta il NOSTRO microscopio. Naturale che gli orari siano quelli di un ente pubblico e che, quando è festa (o quasi), è festa e, quando è festa o quasi, non si entra all’ARPAM. Ecco la situazione.
Ormai da tempo non riesco più ad ascoltare i beffardi proclami patriottici dei nostri rappresentanti politici (eletti da nessuno, ma questo fa coerentemente parte dell’Itaglia), non leggo nemmeno più delle scivolate grottesche di Grillo né del parto comico di Casaleggio chiamato 5 Stelle con i suoi topolini decerebrati e non faccio più caso ai media, perché di leggere balle o di non leggere verità ne ho piene le scatole. Provo solo una nausea profonda per questo Paese alla deriva morale e tanta pietà per i ragazzi che, da Italiani che erano o che potevano essere, si sono lasciati trasformare in Itagliani.
Di crepare avete facoltà e facoltà avete pure di vendere a qualunque ciarlatano la vostra dignità in cambio di moneta falsa, ma non potete impedirmi di provare ribrezzo e tristezza insieme.