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noi, innocenti condannati alla camera a gas

Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus!  Il che, tradotto appena un po’ liberamente, significa “adesso è ora di bere, adesso è ora di ballare finalmente liberi!” Questo è quanto scrisse Orazio non appena seppe della morte di Cleopatra, e questo è quanto tanti meritevoli attivisti cantano, almeno idealmente, ora dopo essere riusciti a strappare la sospirata moratoria internazionale sulla pena di morte. La nostra Emma Bonino, poi, si è sciolta in un pianto emozionato. Da parte mia, congratulazioni. A questo punto, però, è ora di fare un altro passo avanti, un passo oggettivamente ben più grande di quello compiuto. È innegabile che la pena di morte sia incompatibile con una società che si autoincensa definendosi composta dai “Principi del Creato”, ma è altrettanto innegabile, e lo dico anche se la cosa attirerà qualche reazione vagamente isterica, che questa barbarie colpisce una frazione davvero minima dell’umanità e, in quella frazione, ci sarà sicuramente coinvolto qualcuno che non è proprio uno stinco di santo. Con questo, e lo dico a costo di essere ridondante, non sto affatto sostenendo che i non stinchi di santo meritino di essere accoppati ma semplicemente per indicare come quella pena significhi morte per qualcuno per il quale quella morte è stata, con ragioni che possono essere del tutto non condivisibili, deliberata. Guarito, almeno in parte e temporaneamente, da questa ignobile malattia, il nostro mondo è affetto da ben altro e l’affezione di cui sto per dire è un’affezione autoinflitta, un’affezione peggiore della guerra perché anche la guerra è morte, dolore, malattia e miseria sì, ma, in un modo o nell’altro, tutte mirate. A non avere per niente mira, invece, è la sozzura con cui giorno dopo giorno, a velocità crescente fino alla frenesia, stiamo avvelenando casa nostra. Basta guardare alla Cina che, se della carneficina (che rima bizzarra!) perpetrata con la pena di morte detiene un primato mondiale inavvicinabile (e ad aggiungersi all’orrore ci sta il fatto che gli organi dei cadaveri dei giustiziati appartengono allo stato e si vendono a caro prezzo), ne detiene anche un altro ben più esiziale: quello dell’inquinamento. E così, su quelle piste, c’è l’India accompagnata da tutto il Terzo Mondo alle prese con l’imitazione dell’Occidente, ci sono ormai tradizionalmente gli Stati Uniti e, tra i tanti, ci siamo anche noi, noi italiani che facciamo il diavolo a quattro perché fucilazione, impiccagione, sedia elettrica, iniezioni letali e chi più ne ha, più ne metta siano cancellate dalla lista delle vergogne dell’Uomo, e poi non facciamo un bel nulla per evitare una strage mille e mille volte peggiore e, per di più, indiscriminata. Quando, tempo fa, venni a sapere che Emma Bonino era del tutto favorevole a far crescere ulteriormente la fungaia d’inceneritori che trasforma l’ambiente in un’immensa camera a gas da cui non si evade non volevo credere ai miei orecchi. Fino a quel momento

avevo pensato che la volontà di costruire quegli strumenti che non sono solo di morte ma anche di malattia e della vita torturata dei bambini malformati, fosse esclusiva dei soliti politici spregevoli che assaltano giornalmente la diligenza. Ma Emma Bonino, no: pur non condividendone sempre il pensiero, l’avevo sempre reputata una persona in buona fede e di un’onestà cristallina, tanto da averne auspicato l’elezione a capo dello stato al posto che sarebbe poi toccato a Napolitano. Poiché rifiuto di ricredermi, adesso pretendo, anzi, spero con tutto il cuore, che Emma si scrolli onestamente di dosso un po’ d’ignoranza, si renda conto dei fatti e prenda in mano lei personalmente la battaglia contro quell’ipocrita vergogna che è nient’altro che una pena di morte e uno strumento di tortura messo in atto senza processo e senza distinzioni di sorta che tocca tutti, bambini ancora non nati compresi. Quell’aria avvelenata esiste solo perché i politici hanno, da mascalzoni, non solo permesso, ma voluto con tutte le loro forze questa follia, una follia tramite la quale ci si spartiscono bottini miliardari che sono ben altro che il prezzo commerciale dei nostri organi. Naturalmente, in questa azione criminosa, non hanno faticato a trovare manutengoli tra i soliti industriali, i soliti faccendieri e i soliti professori universitari che recitano il loro copione quando s’infila loro in tasca la monetina. Paradossalmente, a differenza di quanto avviene con l’applicazione della pena capitale, qui a soffrire sono tutti, ma gli unici colpevoli sono i tanti boia. E allora, cara Emma, adesso è ora di rimboccarsi le maniche e di fare davvero l’uomo politico. È vero, inquinamento non significa solo inceneritori, ma questi ne sono il simbolo marchiato dal deteriore che sta nell’anima di un uomo, dall’ingordigia alla pigrizia. È vero: abbiamo un problema enorme da risolvere che è quello dei rifiuti e questo problema, allo stato dell’arte, non è risolvibile. Certo non con la piromania che raddoppia i rifiuti in massa e li rende senza paragone più tossici. Però è ampiamente ridimensionabile, e perché lo sia ci vogliono correttivi che esistono e che spetta ai politici mettere in atto. Se i politici continueranno a mentire, a truffare, a rubare, a vivere nel lusso a spese della comunità, a fare idiozie e a litigare tra loro per motivi che potrebbero al massimo appartenere ad un cortile, non arriveremo da nessuna parte. Anzi, arriveremo a situazioni molto critiche per la sopravvivenza stessa della specie (non che questo sia tragico: la Terra tirerebbe un sospiro di sollievo). Se i politici che dovrebbero essere al nostro servizio sono capaci solo di questo, si tolgano di mezzo e lascino il posto a qualcuno di meno incapace. Se vogliono conservare il loro posto, i nostri “mangiamale” (un tempo a Bologna si chiamavano così) ci facciano vedere di esserne degni. Emma, noi ci aspettiamo molto.