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Vaccini e brioche

Qualcuno ricorda la modesta scenetta-tormentone del tale al bar che voleva un cappuccino e una brioche? “Mi dispiace, abbiamo finito le brioche,” diceva il barista. “Allora, mi dia un tè e una brioche,” diceva l’avventore. “Mi dispiace, non abbiamo più brioche.” “Non importa, mi dia una cioccolata in tazza e una brioche.” E così su quel binario.

A me sta accadendo esattamente la stessa cosa a proposito non delle inoffensive brioche ma dei vaccini.

Non ho voglia di ripetermi e, probabilmente, nemmeno chi ha la pazienza di leggermi ha voglia di risentire la mia posizione sull’argomento. In estrema sintesi, io sostengo che, se si vogliono salvare i vaccini dalla devastazione cui le industrie farmaceutiche, gli enti di controllo, i politici, i medici e i media li stanno sottoponendo, è indispensabile produrli puliti, somministrarli a ragion veduta e come la buona pratica medica comanda, e informare correttamente il pubblico sulla loro reale efficacia, sulla durata della copertura eventualmente ottenuta, sugli effetti collaterali e, insomma, su tutti i loro limiti.

Poiché nulla di tutto ciò si sta facendo, e questo per ragioni che vanno dall’ignoranza alla stupidità attraversando la corruzione, io mi permetto da tempo di far sentire la mia voce. Una voce che, evidentemente, non è gradita a chi conta né a chi è entusiasticamente felice di bersi acriticamente qualunque cosa. A giudicare dai fatti e, tralasciando il resto, a giudicare dalle palesi illegalità che si stanno minacciando nei confronti di chi almeno chiede chiarezza, si vorrebbe continuare a produrre e a somministrare qualcosa che non è proprio al di sopra di ogni sospetto, e le troppe migliaia di danneggiati da vaccino, di fatto dei desaparecidos di regime, ne sono una testimonianza.

Chi conserva un briciolo di funzioni raziocinanti non può non accorgersi che la mia posizione è ben diversa da chi è contro a prescindere. Anzi, è impossibile non accorgersi che ciò che sto tentando di fare è proprio di salvare questi farmaci dal massacro.

E qui entra in scena la barzelletta. Il giornale La Repubblica, in un articolo in cui la disinformazione non sorprende più, io sono definito “vicino agli anti-vax”, mentre su Facebook, un girone infernale in cui io non entro ma le cui imprese intellettuali mi sono di tanto in tanto esibite da qualche amico, si dice che “Montanari proibisce i vaccini”, con questo intendendo che io sono il responsabile di una recente morte per meningite. Tra parentesi, mi chiedo come potrei io PROIBIRE l’uso dei vaccini, ma questo non conta: l’importante è sparare, e la sequela di accuse continua su quella falsariga dentro e fuori Facebook, con le occasionali esternazioni di qualche medico che aprono la vista su un panorama culturale, intellettuale e morale agghiacciante.

Senza che io ripeta ciò che ho detto e scritto infinite volte, se gli autori di queste esternazioni si sono sottoposti alla raffica di vaccinazioni che loro stessi auspicano come forzate per tutta la popolazione, allora devo aggiungere un altro effetto deleterio di quei farmaci al già lungo elenco.ualcuno ricorda

2 Commenti
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elenavera
8 anni fa

bla bla bla
Io mi sono stufata della ‘gentucola’ senza attributi che la attacca.

Mi sono stufata di vivere in un paese corrotto fino al midollo.

Mi sono stufata di politicanti che parlano senza connettere lingua e cervello.

Forse sarà perchè non ho fatto vaccini recentemente……

RISPOSTA

Ha notato che nessuno di loro è disponibile ad analizzare i vaccini in nostra presenza?

elenavera
8 anni fa

Soggezione?
L’ ho notato. Probabilmente Lei e Sua moglie li mettete in soggezione…

Preferiscono la signora diplomata che pare occupi la poltrona di Ministro della Sanità….

RISPOSTA

Non credo si tratti di soggezione. Quelli sanno come si fa: non bisogna ingaggiare battaglie perse in partenza. Quindi, molto “saggiamente” si dà ordine ai mezzi di cosiddetta informazione semplicemente di ignorarci. In quel modo, occhio non vede, cuore non duole. Durante il fascismo, i giornali non davano informazioni sui suicidi e su certi delitti. Il risultato era che quella roba non esisteva.