Fatta la festa, gabbato lo santo.
Non passa giorno senza che io riceva almeno una, ma spesso più di una, richiesta di aiuto. Sempre più spesso io sono costretto a dire di no. I motivi sono noti, credo. Inutile dire il magone che mi prende a dover dire quel no, ma, al di là di tutto, la responsabilità non è certo mia.
Quando posso dire di sì accade quasi sempre che, una volta che l’aiuto è arrivato, ci si dimentichi anche di dire un semplice grazie. Nessuno problema: ci ho fatto l’abitudine, tanto che, quando il grazie arriva, mi stupisco come se vedessi un asino volare.
Se volessi fare una statistica, credo che la stragrande maggioranza di chi si dimentica di ringraziare è proprio chi avrebbe la possibilità di dimostrare gratitudine tangibile. Intendo, naturalmente, chi potrebbe contribuire con una frazione irrisoria dei propri introiti a non far morire la ricerca da cui è arrivato il beneficio cercato e ottenuto. Così va il mondo.
Ieri verso sera ricevo una telefonata di richiesta di aiuto. Devo dire che non posso fare niente. Chi mi chiama mi dice che ha letto delle nostre difficoltà e della schifezza dell’impresa di Grillo. Mi chiede come può dare qualche soldo, senza carta di credito, però, perché lui la carta di credito non ce l’ha. Perché? Perché ha perso il lavoro e non può permettersi niente. Ma quella ricerca che non può aiutarlo nel caso contingente è troppo importante. Così, senza carta di credito, andrà alla Posta a versare quello che può. In contanti, con i soldini in mano.
Io non riesco a farci il callo e gli occhi mi pizzicavano.