La nostra società è proprio strana.
È indisputabile il fatto che, pur restando probabilmente ancora ben lontani da quella conoscenza assoluta vagheggiata da tanti filosofi senza mai, peraltro, definire esattamente in che cosa dovrebbe consistere, le nostre conoscenze scientifiche avanzano spedite. Così, se si vanno a consultare i testi, tanti concetti sono chiarissimi, dimostrati e ridimostrati non solo sulla carta ma anche a forza di esperienza. Eppure…
Eppure è un fatto comune imbattersi in professori universitari che non esitano a sparare pubblicamente fesserie che varrebbero una solenne bocciatura ai loro stessi allievi. Un esempio? Quello degl’inceneritori di rifiuti che, qualunque cosa brucino, emettono nient’altro che innocuo vapore acqueo. Lavoisier? “Mai coverto,” avrebbe detto Brancaleone da Norcia, e altrettanto mai coverta la chimica più elementare.
Di esempi accademici se ne potrebbero fare tanti da riempire parecchie pagine, ma quelli non sono i soli. Prendiamo chi ci governa: la Comunità Europea, e, di conseguenza, l’Italia, legifera sulle polveri che definisce sottili, e dice che più di una certa quantità non ce ne può stare all’interno di un metro cubo di aria. La pena è che si viene sgridati. Dall’altra parte, però, è la stessa Europa a dirci in modo candido che quel limite è una presa per i fondelli. Già nel suo rapporto numero 2 del 2007 l’EEA (European Environment Agency) scriveva seccamente a pagina 9: “For PM, no safe level has been identified ,” il che, tradotto, significa che per le polveri non è stato identificato alcun livello di sicurezza. Insomma, per stessa ammissione di chi ci governa, la legge si basa su numeri che non hanno alcun fondamento. Per le diossine (sono tante), poi, c’è da restare ancora più perplessi. Secondo l’Europa un uomo che pesi 80 kg può tollerare 160 picogrammi al giorno di 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (quella di Seveso), per la legge statunitense i picogrammi tollerabili sono 0,48 e per la letteratura sanitaria zero. Ancora una volta siamo a numeri sparati a casaccio su cui i controllori dovrebbero lavorare. Ho scritto “dovrebbero” perché nella quasi totalità dei casi o i controlli non ci sono o ci sono e ci se ne infischia. Un bell’esempio è quello del signor sindaco di Trieste il quale, suo malgrado, si è trovato a dover affrontare il caso di una fabbrica di ghisa attiva dal 1896 in piena zona abitata. Nell’impossibilità di restare entro i limiti di legge per le polveri, e questo al di là del loro reale significato, la maggiore autorità sanitaria triestina ha deciso che per i cittadini della cui salute si prende cura quei limiti non valgono e li ha elevati (non di poco) come faceva comodo alla fonderia. Ognuno commenti da sé la vicenda e, magari, cerchi di capire che motivo arcano spinga i triestini a dare fiducia al sindaco in carica. Anche in questi casi di esempi ce ne sarebbero da riempire un libro ponderoso.
Poi c’è la timidezza degli enti di controllo. Di questi ne esiste una profusione, e la conseguenza più immediata è il loro pestarsi reciprocamente i piedi quando non il rimpallarsi l’un l’altro le responsabilità per questo o quel controllo. Quando i controlli si fanno, magari senza lasciarne l’esecuzione agli stessi controllati come capita spesso, è piuttosto frequente trovarsi di fronte a risultati a dir poco preoccupanti e, allora, l’ente di controllo arrossisce e tira fuori una goffa serie di “sì, però…” Prendiamo il caso dell’Ispra, l’ennesimo organismo di controllo ambientale. Ora esce con una pubblicazione intitolata “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque dati 2013-2014 – Edizione 2016” (http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/rapporto-244/Rapporto_244_2016.pdf). Chi avesse voglia di leggersi le 122 pagine non troverebbe molti spunti per rallegrarsi. Rispetto al 2012 i pesticidi sono aumentati del 10% nelle acque profonde e del 20 in quelle superficiali. Il 63,9% dei 1284 punti di monitoraggio è risultato inquinato contro il 56,9% del rilevamento precedente (2012) e sono state trovate 224 sostanze diverse contro le 175 precedenti. Numeri da record quanto a sozzura superficiale per Umbria e Toscana, e per Lombardia e Sicilia se si va in profondità. Oggettivamente stiamo peggiorando, ma non bisogna allarmare il gregge e, allora, i signori dell’Ispra ci sussurrano all’orecchio che i dati appaiono così brutti solo perché ora loro fanno analisi più raffinate di quelle della volta scorsa. Anche se i funzionari non se ne accorgono, l’immediata conseguenza del ragionamento è che la situazione è più preoccupante di quanto non appaia perché esistono per loro stessa ammissione situazioni che sfuggono. Insomma, se avessimo la fotografia esatta e non filtrata da inadeguatezze tecniche, logistiche, economiche e quant’altro, i dati sarebbero senza dubbio peggiori.
L’uomo è l’unico animale che si estingue per sua volontà. Non l’ho detto io anche se mi sarebbe piaciuto: l’ha detto Danilo Mainardi. Nella nostra unicità, ci estinguiamo nel ridicolo.
VITA MEDIAStasera il telegiornale di rai 2 dava la notizia che per la prima volta le statistiche mostrano che la vita media ha smesso di allungarsi e ha cominciato invece ad accorciarsi. I motivi, secondo il telegiornale? Non si fanno abbastanza screening contro i tumori, gli anziani non si vaccinano abbastanza contro l’influenza, le persone sono troppo obese. Sorvolando sui vaccini e su certi tipi di screening come la mammografia sulla cui utilità ho qualche dubbio, io avrei aggiunto alla lista: troppa gente vive vicino a impianti industriali inquinanti (Ilva, ferriera di Trieste, centrali a carbone e oli pesanti…), a… Leggi il resto »