I commenti fuori tema saranno cestinati
Purtroppo, soprattutto con i tempi che corrono, non ho proprio tempo per rispondere ai tre o quattro frequentatori di questo blog che, accuratamente nascosti dietro un anonimato non propriamente onorevole e moltiplicandosi in grazia di pseudonimi mutevoli, continuano ad accusarmi di qualcosa di generico che non pare nemmeno sia richiesto specificare né, tanto meno, provare. Di solito, dove esistono cervelli normali, le accuse sono circostanziate, e sperare di ottenere ascolto semplicemente strepitando che quel tale ci sta antipatico o che di quel tale proviamo invidia perché siamo dei ricercatori falliti mi pare a dir poco ingenuo. Ma so che sbaglio: come mi disse Beppe Grillo quando mi lanciò in pasto al pubblico: “Tra milioni di persone che ti conosceranno troverai una manciata d’imbecilli che ti faranno morire.” Previsione azzeccata.
Proverò a dare una risposta cumulativa, e di questa temo ci si dovrà accontentare per un po’ di tempo perché per ora chiudo qui. Restano aperte le porte del laboratorio per gli accusatori che siano meno conigli e vengano a discutere a viso aperto le loro istanze con me. Detto per inciso, l’avvocato sappia che il posto per parcheggiare la sua Mercedes di cui va orgoglioso c’è. Sposterò per lui la mia Skoda fantozziana che ha compiuto qualche giorno fa 335.000 km.
1. Che cosa abbiamo fatto?
Tante cose, ma per riassumere solo le più importanti:
a) Abbiamo scoperto il meccanismo con cui militari e civili si ammalano in seguito alle esplosioni ad alta temperatura. Nella legislatura passata mia moglie è stata, ed in quella attuale continua ad essere, consulente a titolo gratuito (si paga anche le spese di trasferta) della commissione senatoriale sulle patologie dei militari reduci dalle “missioni di pace”. Grazie a lei, l’Italia è la prima nazione al mondo ad aver riconosciuta come causa di servizio per i militari l’interazione patologica dei loro organismi con le nanoparticelle. Perciò i militari che prima erano abbandonati a loro stessi e morivano dopo aver rovinato la famiglia per pagarsi le cure (che nessuno presta gratuitamente) ora hanno la possibilità di veder risarcito – per quel che può risarcire il denaro – il proprio stato patologico.
b) Abbiamo scoperto che le nanoparticelle sono in grado di entrare nel nucleo delle cellule dove sono potenziali “perturbatori” del DNA. La signora che ha visto i risultati parziali del progetto DINA non ha capito nulla, ma questo ci sta. Chi ha letto Tre Uomini in Barca avrà certo riso del personaggio che legge il libro di Medicina e, non avendo la cultura né le informazioni necessarie, crede di essere affetto da tutte le malattie tranne il ginocchio della lavandaia. Insomma, cara signora, un po’ di modestia non guasterebbe e, magari, con quella riuscirebbe un po’ meglio nella sua attività di ricerca in cui non ha combinato gran che.
c) Abbiamo scoperto che le nanoparticelle (e non solo nano) possono entrare nello sperma e sono l’agente patogeno della Burning Semen Disease, malattia fino a ieri di origine ignota.
d) Abbiamo scoperto che le polveri possono passare da madre a feto e provocare malformazioni la cui compatibilità con la vita dipende da numerosi fattori che non mi sembra il caso d’illustrare in questa sede.
e) Stiamo lavorando per indurre i governi a legiferare a proposito dell’uso di nanoparticelle ingegnerizzate negli alimenti. Mia moglie è uno dei 17 esperti mondiali del campo (unica italiana) cooptata dalla FAO per studiare l’argomento.
Questa è solo una piccola rassegna dell’attività di ricerca. Forse a qualcuno verrà in mente di confrontare i risultati ottenuti da quattro persone senza un centesimo con analoga attività di tutte le università italiane messe insieme, includendo nelle considerazioni il numero delle persone coinvolte, le attrezzature disponibili e il denaro impiegato. In aggiunta ci sono tutte le attività svolte per dare una mano, mano spesso coronata da successo, a cittadini avvelenati da inquinamenti polverosi. C’è, infine, l’attività didattica con lezioni in università a livello mondiale, a master, a seminari, oltre alla partecipazione, a volte con l’onore della lettura magistrale o della presidenza, a congressi nazionali ed internazionali. Personalmente ho tenuto e continuo a tenere anche lezioni nei licei per portare un po’ di conoscenza ai giovani il cui cervello viene distorto dalla cattiva informazione con la complicità dei media, dei professori a gettone, quelli che stanno facendo di tutto per far chiudere un confronto da cui non escono bene, e di chi ci sta togliendo la possibilità di ricerca, ovviamente.
2. Che cosa abbiamo scritto?
Abbiamo scritto capitoli in vari testi. Due per tutti sono “Nanomaterials – Toxicity, Health and Environmental Issues” edito da Wiley-VCH e “Handbook of Nanostructured Biomaterials and Their Applications in Nanobiotechnology” edito da American Scientific Publishers. Mia moglie, insieme con due professori universitari, ha scritto il libro G. Barbolini, A.M. Gatti, B. Murer, Trattato di Istopatologia. Ed. Piccin Nuova Libraria Padova. Abbiamo poi scritto articoli su riviste scientifiche italiane e straniere, tra cui A.M. Gatti, S. Montanari Nanopollution: The Invisible Fog of Future Wars – The Futurist (May-June 2008) pagg. 32-34; 54 – A.M. Gatti, D. Tossini, A. Gambarelli, S. Montanari, F. Capitani – Investigation of the Presence of Inorganic Micron- and Nanosized Contaminants in Bread and Biscuits by Environmental Scanning Electron Microscopy – Critical Reviews in Food Science and Nutrition, 49:275-282 (2009); Montanari S., Gatti A.M. – Inquinamento involontario da micro e nanoparticolato inorganico negli alimenti – La Rivista di Scienza dell’Alimentazione, numero 2, aprile-giugno 2008, anno 37, pagg. 17-28; S. Montanari Nanopatologie, ambiente e inceneritori – Medicina Democratica 168/172 (2007) pagg. 51-58; S. Montanari, A.M. Gatti Nanopatologie: Cause ambientali e possibilità di indagine Ambiente Risorse salute n. 110 Settembre ottobre 2006, 18-24; A.M. Gatti, L’inquinamento bellico come causa di nanopatologie capitolo del libro “URANIO“, M.I.R. Edizioni, novembre 2005 pag. 6-35, ISBN 88-88282-70X; A.M. Gatti, S. Montanari, A. Gambarelli, F. Capitani, R. Salvatori In-vivo short- and long-term evaluation of the interaction material-blood Journal of Materials Science Materials in Medicine, 2005, 16, 1213-19; A.M. Gatti, S. Montanari, Retrieval analysis of clinical explanted vena cava filters J. of Biomedical Materials Research: Part B. 77B, 307-314, 2006 IF 2.105; A.M. Gatti Uranio impoverito. Neoplasie e alte temperature. La morte a forma di sfera la Rinascita p.117-24, Marzo 2005 ISBN 88-89602-07-4; A.M. Gatti, S. Montanari La cosiddetta sindrome dei Balcani: un approccio bioingegneristico Fisica in Medicina N. 2/2004 aprile-giugno.
Il libro di mia moglie e mio “Nanopathology” edito da Pan Stanford è presente nelle biblioteche di università che ritengo siano note anche ai miei critici (Harvard, Cambridge, Imperial College, ecc.) ed è stato richiesto e ottenuto in due copie da Jason Olive, collaboratore di Barack Obama. Rendo, inoltre, noto che la casa editrice dell’Università di Cambridge ci ha chiesto di scrivere un libro per loro. Potrei continuare nell’elenco, ma, comunque, chiunque può reperire il materiale, a patto che abbia la pazienza di cercarselo senza pretendere che io glie lo porti a casa e, magari, glie lo legga. Esistono pure i miei libri (tra i quali uno per i ragazzi che è appena uscito e uno per i bambini che uscirà tra qualche mese) la cui lettura consiglio vivamente, se non altro per avere spiegazioni semplici e per non continuare nel tormentone di chiedermi sempre le stesse cose.
3. Perché non è possibile lavorare a Urbino?
Per un addetto ai lavori, il motivo è lampante. Indipendentemente dai 230 km di distanza, offrire un giorno la settimana di disponibilità (a pagamento!) è a dir poco stravagante. La nostra ricerca prevede un uso giornaliero (più o meno otto ore) per almeno cinque giorni la settimana dello strumento. Se le indagini devono essere anche quantitative, occorre usare lo strumento in una particolare modalità automatica anche per una dozzina di ore continuate (la notte) per riprendere l’uso in manuale la mattina seguente. Come ho già scritto innumerevoli volte, solo chi non sa come si fa tecnicamente la ricerca può essere così bizzarro da pensare che mia moglie ed io stiamo 8 ore davanti al microscopio. Sarebbe uno spreco di tempo e di energie perché questo lavoro viene svolto da un microscopista elettronico e noi lavoriamo sui dati che escono dai rilievi. Inoltre, per eseguire la ricerca occorrono locali appositi con attrezzature che l’Università di Urbino non possiede. Né ha a disposizione personale in grado di eseguire le operazioni ancillari che servono. È chiaro che chi non ha la più pallida idea di che cosa implichi la nostra ricerca non ha sentore di tutto questo e casca ingenuamente nel tranello del giorno settimanale che ci consentirebbe di continuare a lavorare. Per informazione, ad oggi, dopo 3 anni, la collaborazione con l’Università di Urbino si è limitata ad osservare per lei due campionature di foraminiferi (ore 5 di lavoro totale).
AGGIUNTA A POSTERIORI: Se mia moglie ed io lavorassimo direttamente sul microscopio sprecheremmo tempo. Sarebbe come se un ingegnere che costruisce una strada passasse la giornata sul compressore. Sul microscopio lavora un tecnico (bravissimo) che non deve tirare conclusioni.
4. Perché il microscopio non può esserci tolto?
La raccolta fondi fu iniziata e condotta in maniera molto chiara: la raccolta era condizionata all’acquisto di un microscopio FEG-ESEM che sarebbe stato usato dai dottori Gatti e Montanari per le ricerche sulle nanopatologie con tutto quanto questo comportava e comporta. Nessun altro impiego era previsto e, dunque, se c’è, è abusivo. Se io avessi solo sospettato che le mie oltre duecento conferenze di cui ho sopportato fatica e spese e le decine di partecipazioni agli spettacoli di Beppe Grillo (spese personali a mio carico) sarebbero servite per recapitare uno strumento all’Università di Urbino per farci non è chiaro che cosa, non avrei mosso un dito. Dunque, qualcuno dovrà almeno rifondermi per il lavoro fatto, sempre che la manovra di sottrazione abbia malauguratamente successo. Deve essere chiaro che la Onlus Bortolani non ha speso un centesimo e si è trovata (ingenuità nostra) proprietaria di un apparecchio da 378.000 Euro. Non ho idea di quali siano i suoi diritti legali, ma moralmente la cosa è di un’evidenza cristallina.
5. Che cosa succederà?
Se la manovra avrà successo, dovremo per forza chiudere la ricerca, così come desiderato da tempo dalla Onlus Bortolani e da chi si è alleato nella manovra. Nel caso, chi avrà bisogno di aiuto potrà rivolgersi alla Onlus Bortolani, ai geologi dell’Università di Urbino e a tutti coloro che hanno più titolo di noi. Dopotutto, qualcuno ha scritto che le nostre scoperte non sono affatto scoperte ma si tratta di cose note. Mancano le fonti, ma ad esternazioni di questa levatura siamo ormai abituati e siamo pure abituati a vedere che esiste qualcuno che presta loro credito incondizionato. Il pettegolezzo è una delle regioni che tengono in vita le anime meno fortunate. Se gl’inquinatori per scopi di lucro ce la faranno a portare a termine la loro iniziativa – peraltro già ufficializzata da un notaio e il tutto a nostra insaputa come si fa quando si commette una “marachella” – restano aperte alcune possibilità. Una è che si faccia avanti qualcuno che si assuma l’onere di ricomprare (e tre!) lo strumento. Un’altra è che si riparta con un’operazione di mendicità come quella già attuata e si raccolga abbastanza denaro per comprare un altro apparecchio. In quel caso, però, non saremo così ingenui da intestare il microscopio ad altri. Infine resta aperta la possibilità, sempre sfuggita da tutti i critici, di avere il laboratorio a costo zero, assumendosi debiti e crediti e con il solo impegno di portare avanti la ricerca sotto il controllo di un gruppo di garanti. Diverso tempo fa un imbecille iniziò con me trattative in proposito. Quando si accorse che non solo non c’era denaro da guadagnare ma non era nemmeno possibile vendere i locali perché siamo in affitto, si dileguò. Questo non deve più capitare. Così, chi vuol farsi avanti, lo faccia.
Per ora, questo è tutto. Se il sedicente avvocato vuole controllare date e dati senza sparare le solite stravaganze così fecondamente partorite per conto di chi lo paga, lo faccia. Io ho riportato dei fatti e li ho documentati. Lui, con i suoi pseudonimi, faccia altrettanto. Oppure vada a blaterare altrove perché per i giullari di corte non c'è spazio.
Ora vado a lavorare.