Blog

Che cosa imparano i nostri ragazzi?

Lo so: non è interessante: gli amori di Belén sono un’altra cosa.

Quando scrivo dello stato catastrofico delle nostre università, chi dedica cinque minuti della sua vita a leggermi è quasi una rarità. Eppure è lì che sia annida uno dei (non pochi) cancri della sindrome che ci sta uccidendo, con l’aggravante di farlo nel ridicolo.

Qualche giorno fa è uscita una delle tante classifiche relative al posizionamento dei vari atenei in campo planetario (http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-05-04/ranking-times-atenei-piu-prestigiosi-harvard-sempre-testa-nessun-italiano-classifica-213908.shtml?uuid=ADgHpp&refresh_ce=1) e, come è ormai annosa tradizione, non c’è un solo nome italiano in lista. Se mai qualcuno se ne meravigliò un giorno o, almeno, mostrò qualche imbarazzo, oggi la cosa passa del tutto inosservata. Al massimo, se proprio si sollecita sull’argomento uno dei tanti tromboni nostrani, quello risponde con annoiata sufficienza che i criteri di valutazione non tengono conto di…, che ci sono eccellenze… che le classifiche sono discordi. Tutto vero. Resta il fatto, però, che non importa quali siano i criteri tirati in ballo, quanto contino le “eccellenze” e chi siano gli arbitri, i nomi in classifica sono sempre quelli e noi non ci siamo mai.

Ed è perfettamente giusto che sia così: non ci siamo perché non valiamo niente. E non valiamo niente perché la nostra ricerca è stata massacrata da interessi particolari di uno squallore sconcertante e chi, in campo “scientifico” (virgolette) vuole sopravvivere, cioè portare a casa pane e companatico, deve prostituirsi. Chi salva l’anima è perché non conta e non è interessante per chi maneggia i quattrini.

Naturalmente io osservo le cose da un punto di vista mio e ormai da anni m’incrocio regolarmente con personaggi che sembrano macchiette della commedia dell’arte. Intrisi d’ignoranza, di spocchia e di furfanteria, quei burattini non si rendono nemmeno conto di essere tali e, seduti nel loro salottino, giocano a fare gli scienziati, in questo con la complicità di manutengoli dei mezzi chiamati grottescamente “d’informazione” e di politicuzzi d’assalto e di rapina che nessuno si è mai sognato di eleggere.

Basterebbe vedere come è affrontato il problema dei vaccini. Noi continuiamo a trovarli tutti, indistintamente tutti, pieni di lerciume, con l’unica eccezione di un prodotto per i gatti. Eppure nessuno di coloro che si spacciano per scienziati muove un dito se non per strepitare che non è vero niente, che quella roba, se proprio c’è, è un toccasana per il corpo e, magari, per la mente. Gli articoli che continuano ad essere partoriti come la più becera propaganda delle dittature sono vere e proprie oscenità, e così le trasmissioni che le radio e le TV di regime continuano a propinarci mandando in orbita personaggi che ormai trascendono dal ridicolo per entrare nella criminalità. Perché, allora, se vogliono negare che quegli inquinamenti esistono, non vanno a controllare? La risposta è semplice: perché non sono capaci, perché non vogliono imparare e perché temono di vedere esattamente quello che non vogliono e non devono vedere.

Ma i vaccini non sono da soli: ci sono gl’inceneritori, le centrali a biomasse, i cementifici, i filtri antiparticolato e i mille altri giochetti che convogliano soldi in tasche già straripanti.

E, allora, le università diventano importanti e devono restare quello che sono. Anzi: devono calare sempre più in basso perché più le tiri giù, più quattrini riesci a far girare come vuoi tu.

Che cosa imparano e che cosa impareranno i nostri ragazzi?

1 Comment
Inline Feedbacks
View all comments
Cikagiuro
9 anni fa

Chi insegna a chi?“Che cosa imparano e che cosa impareranno i nostri ragazzi?” Caro dott. Montanari, nel degrado generale il dramma è proprio quello: chi insegna a chi?Dai baroni universitati in giù in una cascata d’ignoranza senza fondo. Aneddoto. “ C’è fra loro chi cerca di capire almeno quel minimo che è indispensabile per sostenere una discussione in sedi congressuali, chi invece rimane silenzioso e con lo sguardo inespressivo da persona che non sa nemmeno di cosa si stia parlando e chi, con maggiore concretezza, si porta dietro qualche subalterno, destinato a rimanere tale perché addetto a capire quello che… Leggi il resto »