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Abbiate pietà

Siate gentili o, meglio, abbiate pietà di me.

Immaginate un tale con la testa ficcata in un sacchetto di plastica chiuso alla gola. È evidente: quel malcapitato non potrà sopravvivere più di pochissimi minuti.

Immaginate ora che a lui si avvicinino due persone: una gli racconta che ha lo scaldabagno rotto e gli chiede di andarlo a riparare perché non può certo fare la doccia fredda. L’altra gli dà consigli sull’alimentazione e su come gestire correttamente un’oretta di passeggiata tutti i giorni.

Intanto quello muore.

Fuori della storiella, ogni giorno io continuo a ricevere una valanga di domande su argomenti di cui ho parlato per anni e non saprei dire quante volte, su cui ho scritto post e articoli di giornali, ho rilasciato interviste di ogni tipo, ho scritto libri… E ogni giorno un drappello di uomini di buona volontà mi gratifica con i suoi consigli, moltissimi dei quali comunque inapplicabili, molti dei quali già tentati con insuccesso, tutti, ma proprio tutti, lanciati in un futuro di mesi se non di anni.

Allora vi prego: se non volete sfilare il sacchetto e far respirare il poveretto, almeno lasciatelo morire senza disturbarne gli ultimi momenti. Il che, fuori di metafora, significa che l’unica cosa che ora sia indispensabile è avere i volgari quattrini per poter far sopravvivere il laboratorio. Il resto è, nella migliore delle ipotesi, inutile.

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