Come molti – non tutti, per la verità – anch’io avevo sbagliato le previsioni. Pensavo ad un trionfo del clan di Casaleggio, in realtà lo temevo, ma abbiamo visto tutti che cosa è successo. Però, al contrario di quanto ripetuto fino alla noia da media e partiti, il crollo dei grillini non c’è stato. Al massimo un
ripiegamento. Non una sconfitta come moltissimi hanno sostenuto: un ripiegamento su posizioni meno patologiche.
Le ragioni sono molte ed elencarle sarebbe non solo lungo ma anche, e soprattutto, un compito non mio. In primo luogo il partito di Casaleggio punta per scelta lucida su una quota di elettorato costituita da chi ha un equilibrio non proprio stabile, una scelta sicuramente premiante perché in cabina elettorale uno vale uno davvero e coloro che hanno problemi con il cervello sono milioni. Come qualunque epidemiologo potrà illustrare, però, più di tanto non si può sperare da loro perché certe patologie non possono aumentare oltre una certa quantità. Almeno non in poco tempo.
In ItaGlia la fiducia, il mandato a rappresentarci, non si dà al politico vero (politico non è una parolaccia), ma alla faccia nota, dal cantante all’attore, dallo scarto del talent show al mezzo busto. Certo la ben scarsa simpatia che trasuda un personaggio come il Giusa ha inciso parecchio sul ripiegamento. E altrettanto deve aver inciso la sua violenza distruttiva a fronte di “zero tituli” effettivamente conseguiti, come avrebbe detto un prestigioso allenatore di calcio. Era impossibile non accorgersi di quanto stridano con la ragione strilli senza un solo risultato positivo da mostrare anche nei luoghi dove si sarebbe potuto fare parecchio. Parma in primis. E con 160 e passa parlamentari (prima delle purghe) a Roma si sarebbe potuto fare parecchio. Ma, vedendo i personaggi, non c’era da aspettarsi nulla. E nulla è arrivato se si prescinde dal ridicolo ubiquo.
La porcheria perpetrata solo apparentemente nei miei confronti, di fatto a danno di tutti, qualcosa, magari pochissimo, avrà pure fatto, almeno a giudicare dai più o meno 20.000 lettori che ha avuto finora il libro Il Grillo Mannaro (metà dal mio blog, metà da altri). Per poco che sia, indubitabilmente non ha aiutato.
Anche il vecchio approccio filosofico del “meno peggio” non ha funzionato appieno, se non altro perché qualcuno peggio di Grillo era difficile da trovare pure in un manicomio con tanto di Greganti, Scajola, Matacena e simili.
I tribunali del popolo possono avere attizzato qualche teppista, la goffa imitazione di qualche dittatore chi da operetta chi da serial killer può avere eccitato la fantasia dell’occasionale psicolabile, ma costoro non ammontano a numeri significativi anche se, apparentemente, scompiglio ne fanno parecchio.
L’incoerenza del personaggio Grillo, la sua trucida pacchianeria, il suo sottrarsi ai confronti critici (e non sono pochi), la vacuità dei suoi sproloqui con tanto di citazioni psudodotte messegli in bocca a casaccio la cui credibilità è affidata solo all’isteria e al più becero dei populismi, le minacce sparacchiate a destra e a manca credo abbiano allontanato più di un elettore educato. Solo gl’integralisti che costituiscono tradizionalmente lo zoccolo duro di tutti i partiti chiesa non si sono posti dubbi. Va considerato pure come l’assenteismo ormai consolidato favorisca proprio quel tipo di partiti perché quelli possono contare su chi alle urne ci corre sempre. Avessero votato tutti, il 21 per cento si sarebbe ridotto non di poco.
Comunque sia, al di là delle oscillazioni, tutti i partiti incentrati su un uomo sono inevitabilmente destinati a spegnersi in tempi tutto sommato brevi. Un esempio nostrano evidente a tutti può essere quello di Di Pietro ormai ridotto ad un ectoplasma. Negli Stati Uniti repubblicani e democratici esistono dai tempi di Washington, alternandosi indipendentemente dagli uomini e a loro sempre sopravvivendo senza scosse. Altrove, dovunque il partito coincideva con il personaggio, il fallimento è stato una certezza. E Grillo non fa eccezione, con l’aggravante che si tratta di un parvenu senza cultura, con un’intelligenza surrogata dalla furberia, con una morale da curva di stadio, con il coraggio di un coniglietto e con un’onestà molto personale.
I grillini, comunque, restano il secondo partito di questa che è solo un’espressione geografica, come il principe e conte Klemens Wenzel Nepomuk Lothar von Metternich-Winneburg-Beilstein ebbe a definire l’Italia al Congresso di Vienna. Dunque, di fatto, tutt’altro che una disfatta. Di sicuro una sconfitta rispetto a tutta la tronfia aria fritta del loro osceno mascherone, ma, pur staccatissimi dietro il quasi plebiscitario don Matteo, colui che ha capito che per (stra)vincere si dovevano trasformare i comunisti in democristiani, non sono finiti.
Ora siamo di fronte all’ennesima, peraltro più che attesa, farsa del Giusa. È passato ben poco tempo da quando, nei suoi abituali deliri, annunciò a tonsille spiegate che si sarebbe ritirato dalla scena politica se le urne non gli avessero consegnato la maggioranza bulgara che aveva profetizzato. Ora ecco la riproposizione di Casini, l’inaffondabile che forse qualcuno ricorda quando giurò che l’avrebbe fatta finita con la politica se quel galantuomo di Cuffaro (Totò vasa vasa), il mafioso che fu accolto in lista come un fratello di sangue, fosse stato condannato.
Ma, sconfitta o no, gli elettori hanno decretato che qualche grillino finirà a Bruxelles e così avremo qualche motivo in più per vergognarci. Dopotutto, noi italioti siamo coerenti
20.000Ha scritto di 20.000 lettori. Se cosi fosse non è un errore per tante case editrici non averlo pubblicato? Saluti,Dario RISPOSTA Probabilmente i lettori sono di più. Consideri poi che non c’è stato nessun lancio come si fa di solito per un libro e i lettori de Il Grillo Mannaro esistono quasi solo per un passaparola.A volte le case editrici rinunciano a un introito per motivi che non sono legati al business. Almeno non quello immediato. Un solo editore fu molto sincero con me. Mi disse che il libro era bello e interessante ma la sua pubblicazione avrebbe pestato i… Leggi il resto »