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Lavato con Perlana

E così abbiamo il presidente della Repubblica. Non avrà proprio l’odore croccante delle cose nuove, ma in tempi di riciclaggio Napolitano è bene intonato. A fine mandato avrà raccolto 95 primavere. Peccato che la Costituzione, per quello che vale oggi, non preveda la possibilità di un terzo mandato, di un quarto… Sarebbe stato bello

battere in longevità, e in regime repubblicano, i regni del Re Sole e della regina Vittoria.

 

Da ieri pomeriggio, dal momento dell’elezione, non ho ancora incontrato o sentito uno straniero. Quando accadrà farò finta di niente, fischiettando assorto nei miei pensieri.

Diciamocelo tra noi: com’è la situazione?

Il PD, partito contro natura raffazzonato tra Don Camillo e Peppone e tenuto insieme per qualche anno dal collante dello sputacchio, si è autoterremotato. La consorteria messa insieme per non perdere gli annosi business di PC e DC non ha retto alla sua stessa improbabilità ed è imploso. È bastato Renzi e, come per il vecchio purgante, basta la parola. È  imploso senza perdere l’occasione di morire nel ridicolo, presentando la bellezza di due candidati senza poi votarli e non votando uno dei loro proposto da altri.

L’alleato SEL, quello forte della E di ecologia, quello che coltiva inceneritori nel feudo dell’ineffabile Nichi, è durato lo spazio di un mattino ed è tornato ad occupare il suo sgabellino nell’angolo buio della politica.

Lasciando da un canto la Lega che, in contraddizione con Lavoisier, sta scomparendo senza lasciare massa, il PDL che della Lega è alleato (o no? o sì, o sì e no? o dipende da…?), il partito in pigiama di seta con la pastiglia blu sul comodino, il partito dato per spacciato, ritorna fortissimo. Del resto, come sarebbe possibile non esserlo se si sa di poter contare sul prestigio internazionale di Berlusconi (cucù!), su uomini di cultura come Razzi (io, se me l’avevano detto, avrebbe fatto…), sul supporto siliconico di Daniela Santanché (la ricordo nel 2008 non proprio tenera con quel Silvio a favore del quale oggi raduna folle oceaniche in piazza), sulla classe della dottoressa Mussolini in maglietta…? Non appena sapremo che cosa vorranno fare nei prossimi cinque minuti avremo certamente le idee più chiare almeno fino a mezzogiorno. Intanto io aspetto che mi si restituisca il maltolto dell’IMU. Ma, tornando a noi, che ha fatto il PDL per l’elezione del presidente? Ha sostenuto il veterocomunista Napolitano, quello che, quando ero bambino, salutava entusiasta i carri armati sovietici a Budapest e quando ero ragazzo non stava più nella pelle ammirando gli stessi carri armati trionfare a Praga. Quando si dice Freud e la rimozione…

E, a proposito di rimozione, ecco qua Grillo, ormai entrato stabilmente e senza uscita nella parte di imitatore di se stesso. Io mi ricordo quando, mica tanto tempo fa, diceva peste e corna di Rodotà. E ora? Ora il non aver eletto il “maledetto” di ieri presidente della Repubblica è un colpo di stato. Perché? Boh: e chi lo sa? Nella curiosa concezione di democrazia di Gianroberto supportata dalla new entry professor Becchi (“mai coverto,” si sarebbe detto un tempo, quando usava Brancaleone da Norcia) democrazia è quello che esce dal megafono Grillo. Il resto è morto, per usare una brillante espressione grillesca che va su tutto come il grigio. Manco a dirlo, i grillini non si pongono nemmeno il problema se questa sia l’ennesima idiozia o se esista qualche supporto storico, filosofico o anche solo logico. La lobotomia ha effetti certi.

Splendida anche l’esibizione isterica friulana di un Beppe ormai afono che arringa un popolino di sanculotti avvelenato dalle sue stesse tossine. “Perché, Bersani, – strepitava l’ex tutto – non rispondi?” Beh, viene da chiedere perché il nostro Beppe non risponde da ormai quattro anni a chi gli chiede come mai di certe imprese di assai dubbia nobiltà. Ma questo fa perfettamente il paio con il concetto di democratico e di onesto tipico delle stelline, una tribù anche moralmente autoreferenziale. E Bersani che mai dovrebbe rispondere? Lo facesse, ci sarebbe da giocare il 47 al lotto. Intanto il candidato Rodotà, strabattuto, ha capito che era meglio prendere le distanze da una torma d’invasati che gli avrebbero rimediato una ben magra figura.

A questo punto, che fare? Se vogliamo essere crudamente oggettivi, non c’è un solo partito in grado non dico di portare fuori da un mare sempre più grosso l’Italia, ma anche solo di tenerla il linea di galleggiamento. La pezza che milioni di noi hanno visto in Grillo si è già rivelata troppo peggiore del buco e rovesciare la nave non è certo la soluzione. Ci vorrà un po’di tempo perché i grillini capiscano e molti non ci arriveranno, ma domani arriverà, che loro capiscano o no, e sarà peggio di oggi.

Io vie di uscita non ne vedo. Se la classe politica di cui siamo incrostati per nostra stessa volontà o, meglio, per mancanza di volontà, è incompetente, disonesta e ormai putrefatta, il nuovo è peggio. Ma il problema non sta solo lì: è molto più profondo e radicato, come un cancro che prende possesso inesorabilmente di ogni cellula. Abbiamo una classe foltissima di funzionari, i cosidetti “servitori dello stato”, che sono metastasi invincibili di quel cancro perché metastasi troppo numerose e troppo mimetizzate. E abbiamo un popolo senza spirito di squadra che, per rubacchiare un pezzo di pane, distrugge il forno.

No: non se ne esce. E, allora, ragazzi onesti, andatevene di qua.