Nella mia vita ho scritto diversi libri sia come autore sia come coautore. In questo momento di libri ne sto scrivendo due contemporaneamente: uno per un editore di Singapore e uno per un editore tedesco. Un libro, però, non riesco a pubblicare: Il Grillo Mannaro. Offerte di pubblicazione, in realtà, ne ho avute diverse, ma tutte da editori con una distribuzione modesta o, a volte, inesistente. Così, la cosa non m’interessa.
Di seguito, tre frammenti dell’inedito:
Appena un cenno alle Cinque Stelle, emanazione della società di marketing Casaleggio Associati. Un cenno che dovrebbe essere, invece, un ponderoso libro intero. Li ho visti all’opera nella mia regione, l’Emilia Romagna, quando si trattava di sistemare il sedere su una poltrona, di raccattare un sine cura ben pagato e poi, con i quattrini pubblici, di beneficare qualche improbabile consulente del loro salottino esclusivo dentro il quale si fanno i fatti propri nascosti dietro la bava di chiacchiere senza costrutto perché senza sostegno culturale né morale, e l’unica regola è quella di dire signorsì agli ordini che arrivano da un Grande Fratello. Fu un delirio. Resta un delirio.
La loro genesi è opera mirabile. Gianroberto Casaleggio riceve mandato di raggiungere un obiettivo: quello di spianare la strada a porcherie come, tra le altre, la fungaia d’inceneritori, loro parentela di centrali a biomasse e simili compresa, allora solo nei piani di qualcuno e che ora sta costellando l’Italia ormai diventata il Paese di Bengodi per chiunque intenda far quattrini senza sottilizzare troppo sul come. Generalizzando un po’ e facendo io torto a qualcuno, la classe politica è pronta a chiudere tutti e due gli occhi, naturalmente a fronte della sua percentuale. Il colpo di genio è quello di assoldare Beppe Grillo, un comico fra i tanti più o meno connotati da impegno sociale. Avendone compresa la psiche di livello elementare e, per questo, facilmente manovrabile, lo si sceglie e lo si alletta facendogli balenare davanti agli occhi un incremento dei suoi introiti e l’ebbrezza di diventare, dall’uomo di risate che era stato per tutta la sua vita, un guru. Grillo, di solito molto diffidente, ci sta. Inizia la trasformazione. È necessario cambiare qualcuno dei connotati: per esempio l’avversione vistosamente dichiarata per il computer e la denuncia del signoraggio. Non c’è problema: se arrivano le palanche e le ovazioni, si cambia tutto quanto il cliente chiede. Il computer da demonio che era diventa mezzo divino e il signoraggio si liquida con un “tutte balle!” seguito da un silenzio ostinato[1]. Modificato Grillo, dopo qualche anno di preparazione paziente bisogna fare il passo decisivo, un passo che è un altro colpo di genio. Con grande ardimento Casaleggio punta tutto su un numero solo: l’intelligenza del pubblico necessario per dare consistenza al progetto, un’intelligenza che non deve esserci e che, se c’è, va annullata. E Casaleggio ce la fa: tutta l’anestesia che ha preparato si dimostra perfettamente efficace. A questo punto non c’è più un uomo solo da condurre ma una folla di milioni e non si possono più pescare jolly. Così Casaleggio ricorre a quanto di più sperimentato esista quando si ha a disposizione il materiale umano che lui era stato capace di attirare: la demagogia più smaccata, non la semplicità ma il semplicismo, il populismo più becero e, per questo, quello che fa più presa, il solletico alle venature razziste e omofobe dei cervellini, il culto della personalità di un mascherone, la censura più impenetrabile su qualunque argomento non sia stato radiografato da lui, il divieto di pensiero che non sia quello dettato da lui stesso nelle vesti di ventriloquo del bambolotto che gli siede in grembo, una cosa, questa, che solleva il fedele dalla fatica di farsi opinioni. Insomma, niente che non sia già stato vissuto da secoli e che, per questo, non renda le Cinque Stelle il partito più decrepito della nostra attualità. E, tuttavia, i politici attuali non lo sottovalutino. Disporre di una torma di sostenitori acritici dà una forza enorme, e poi non poche delle ovvietà che fanno parte del loro credo sono oggettivamente condivisibili. È vero che Grillo è funzionale a certi aspetti della politica rapinosa che subiamo da decenni, ma si faccia attenzione: se potrà, Casaleggio si approprierà di tutto senza ringraziare nessuno. Dunque, se chi fa della politica una professione vuole sopravvivere, non avrà altra scelta che rinunciare ad una fetta degl’indiscutibilmente tutt’altro che dignitosi privilegi di cui gode e mettere in programma, rispettandolo, la serie di correzioni utili al buon andamento del Paese che i grillini propongono pur senza che a Casaleggio quelle cose interessino se non come veicolo per far passare le cose sue.
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Qualcuno mi ha accusato di odiare Grillo. Quel qualcuno non mi conosce. Come sono incapace d’invidia verso chiunque, così sono incapace di odio. Forse è un mio limite. E poi l’odio è un sentimento impegnativo che richiede applicazione e, in fin dei conti, pretende considerazione per l’odiato. Beh, siamo seri: Grillo non merita questa fatica. Certo Grillo è un infelice di un’infelicità in larga misura autoinflitta. Un tale che, in altre circostanze, non meriterebbe un attimo di tempo. Ma questo libricino, scritto per colmare una delle voragini che i suoi ultimi anni hanno aperto, tratta non di lui in modo specifico ma di una delle sue imprese, un’impresa poco conosciuta o artificialmente dimenticata. Non è un’impresa da poco: chi lo ha maneggiato non ha esitato a mettergli a repentaglio la faccia (e qui gli offro l’elemosina di pensare che una faccia ce l’abbia) e gli ha fatto dire cose che poi ha smentito radicalmente senza forse nemmeno accorgersi di quello che gli stavano facendo fare. Io so perché tutta questa degradante farsa tragica è stata allestita. So che questa impresa non è che un episodio del progetto messo in atto per conto terzi. So che quel microscopio era pericoloso per chi maneggia il personaggio. Non so esattamente, nel fatto specifico, che cosa ci abbia guadagnato Grillo. Quattrini? Forse. Se è così, non gli si poteva chiedere di non farlo. Dopotutto, i quattrini stanno al primo posto nella sua scala dei valori. Lo sono per un minimo distacco sull’essere adulato, e la messa in scena della vicenda del microscopio, per indecente che sia, è riuscita, al colmo del paradosso, a dargli gloria. Una gloria di natura esecrabile, d’accordo, ma i bulimici non sono schizzinosi.
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Per finire, a beneficio di chi è arrivato fin qui ma mi ha letto in fretta, riassumo come ha funzionato il giochetto del microscopio.
A fine febbraio 2006 io parlai direttamente a Grillo della minaccia che ci venisse portato via il microscopio con cui lavoravamo ma Grillo lo aveva saputo prima, probabilmente parlandone con Matteo Incerti, il giornalista locale che io non sapevo lui conoscesse. Completo l’informazione aggiungendo che Incerti, un tempo conosciuto a livello locale per le sue innocue simpatie xenofobe (pentito?), ha poi lavorato per l’agente di Grillo e ora, forse comicamente, vista la preparazione del personaggio, è consulente ambientale delle Cinque Stelle emiliano-romagnole stipendiato, seppur modestamente rispetto ai suoi meriti, con i nostri soldi (1.200 Euro al mese più IVA).
L’occasione era eccellente. Grillo si offrì immediatamente di lanciare una sottoscrizione pubblica, in quel modo rendendo ai nostri occhi inutile qualunque altro tipo di tentativo di sostituire lo strumento che ci era indispensabile. Di più: facendoci imboccare quella facile via, ci preclude le altre strade eventualmente possibili. Si fa allora capitare a pranzo, senza invito e “per puro caso”, Marina Bortolani ufficialmente sconosciuta a Grillo e certo, in realtà, a me, e, guarda un po’ la combinazione, si scopre, sempre casualmente, che quella è presidentessa di una onlus la cui solare onestà è certificata da Incerti: il cacio sui maccheroni, visto che il microscopio sarebbe dovuto andare intestato proprio ad una onlus o a una fondazione per volere di Grillo. Si parte con gli spettacoli nei quali Beppe si ammanta di gloria, i soldi cominciano ad arrivare ma su quelli non c’è controllo e Grillo, pur avvertito di quella che non può non apparire una stramberia sospetta, non fa assolutamente nulla per far sì che la Bortolani mostri i conti. Non c’è fretta: più la si tira per le lunghe, meglio è. Intanto ci si cautela: se, per qualunque motivo, non si dovesse arrivare alla cifra necessaria, pagherò io ma, comunque vadano le cose, chiunque paghi, il microscopio sarà intestato alla onlus Bortolani.
Quando non si poté più tergiversare, la raccolta fu chiusa. L’apparecchio lavorava a pieno ritmo, i risultati arrivavano e poi… E poi accadde quello che chi aveva organizzato il giochetto aveva preparato fin dall’inizio.
Naturalmente era indispensabile giustificare un’azione così palesemente opposta a quello che si era sostenuto fino a un attimo prima e, per questo, non c’era niente di meglio che ricorrere ad un sistema antico, collaudato ed infallibile: attaccare le persone. S’inventarono allora le accuse più strampalate, smontabili con facilità con l’aiuto di semplicissimi controlli. Ma chi aveva progettato tutto aveva un’immagine lucida del pubblico al quale si rivolgeva e le stravaganze più assurde, le testimonianze più insostenibili, perfino le incursioni nella scienza da parte di analfabeti veri e propri trovarono terreno fertile. Come nella migliore tradizione, fu una gara a chi le inventava più grosse e a chi, su quelle invenzioni, ne costruiva altre, fino ad imprigionarci in un labirinto da cui era impossibile uscire anche perché erano centinaia i blog che si facevano reciprocamente eco, ognuno aggiungendo del suo. Di fatto era impossibile seguire quella valanga di fango, stare al corrente delle invenzioni che si rincorrevano e, a tutt’oggi, credo che noi non conosciamo che una minima parte di tutta quella roba.
Dopo mesi di ozio del microscopio a Urbino, mesi poi diventati anni, e nel pieno disprezzo delle condizioni della pur ipocrita “donazione” Grillo e la Bortolani avrebbero avuto il dovere di riprendersi l’apparecchio per manifesta inadempienza da parte dei beneficiati. Non solo non lo fecero, ma se ne stettero zitti a riprova che quello era ciò che volevano.
Perché toglierci il microscopio? Perché le nostre ricerche non ne possono fare a meno e le nostre ricerche tolgono il fiato alle tesi di chi ha interessi con il business dei rifiuti (cosiddetti termovalorizzatori, cosiddette biomasse, cosiddetti dissociatori molecolari, cementifici a tutti gli effetti inceneritori di rifiuti…), un business che solo in Italia muove decine di miliardi di Euro. Guardando ai fatti, nessun’altra ricerca è così devastante per loro come la nostra e, dunque, chi non viene a compromessi deve essere imbavagliato.
[1] http://pensareliberi.com/2011/10/11/beppe-grillo-non-parla-piu-di-signoraggio-bancario-e-di-cure-proibite-contro-il-cancro-analizziamo-la-cosa/