Qualche anno fa quando, in un attacco di sventata goliardia, accettai di fare il candidato alla presidenza del consiglio, ricevevo una media quotidiana di 400 mail , per non contare le telefonate. Oggi, recuperata una specie di normalità, raramente supero il centinaio di lettere telematiche al giorno. Molte di queste sono richieste di aiuto (gratuito) che io, per i motivi ampiamente noti, non sono più in grado di fornire; altre sono quesiti più o meno scientifici ai quali, in genere, ho già risposto da qualche decina a qualche centinaio di volte (ma ognuno vuole la risposta ad personam perché non si disturba a cercarsela) e altre sono missive come quella ricevuta ieri: “Mi chiamo Andrea e ho passato 1 giorno per cercare spiegazioni alle tue accuse…le ho trovate sul link:
http://www.byoblu.com/post/2009/09/05/Nanobugie.aspx dammela ora tu una spiegazione, grazie”
Al che mi permetto di chiedere “Andrea come?”
Risposta piccata: “Ma che ti serve le mie generalita’…dammi una spiegazione a quel che dici…o non ne hai una?”
Già: prescindendo dall’italiano “personale”, a che serve sapere con chi sto parlando?
La comunicazione via rete di computer offre possibilità impensabili anche solo qualche anno fa, ma racchiude qualche inconveniente. Uno di questi è l’anonimato. Io scrivo qualsiasi cosa restandomene nascosto dietro il paravento di uno pseudonimo e la cosa, in altri tempi giudicata un’ignobile vigliaccheria, è accettata universalmente, quando è il chiedere l’identità di chi stia dietro la maschera a diventare un’infrazione del galateo.
Altro inciampo è quello della credibilità delle fonti. Io ho cominciato a vederlo diversi anni fa: mentre un tempo le tesi di laurea contenevano di regola una bibliografia compilata tenendo conto, appunto, di quella credibilità, ora in appendice alle tesi si trovano fianco a fianco, con pari dignità, pubblicazioni autorevoli e stravaganze ridicole che hanno la sola nobilitazione nell’essere pubblicate all’interno del guazzabuglio di Internet. È proprio la facilità irrisoria con cui si rende pubblica qualunque cosa attraverso la rete a costituire un problema gravissimo. Basta prendere Wikipedia per accorgersene. In teoria splendida iniziativa ma, ahimè, lasciata in mani non propriamente capaci, tanto che, come è il caso mio, le sue pagine virtuali contengono fesserie non solo incredibili ma impossibili da rettificare. E, scendendo più in basso, ecco la torma di pseudogiornalisti che “la sanno lunga” e che danno sfogo alla loro fantasia costruendo avvenimenti che esistono solo nel chiuso del loro cervello. Se la maggior parte di loro è costituita da semplici imbecilli, c’è, invece, chi riceve qualcosa in cambio per l’opera che presta. Comunque sia, pur nella loro più che visibile pochezza, quei kamikaze sono devastanti.
E lo sono perché Internet, a differenza di un quotidiano che vive lo spazio di un giorno per poi diventare, quasi sempre meritatamente, incarto per i sedani possiede una quasi eternità.
Prendiamo il caso citato dal nostro anonimo Andrea. Le idiozie riportate dalla sedicente giornalista Rossi prese, chissà perché, per “la” verità dal ragazzotto, sono state tutte puntualmente smentite sia dai fatti sia dai testimoni che lei stessa citava. E questo ormai da un pezzo. Anche solo cronologicamente, le sue ricostruzioni non reggono alla logica del calendario oltre che, naturalmente, a quella dei fatti, e ciò che poi è accaduto le dà ulteriormente torto su tutta la linea. Il fatto stesso che questa bizzarra casalinga atteggiatasi a giornalista si sia sempre rifiutata non solo di confrontarsi pubblicamente con me ma di eseguire anche i più banali ed ovvi controlli sulle buffonate che andava scrivendo e ora, alla luce dei fatti ammessi dagli stessi protagonisti (vedi, tra gli altri, la stessa Università di Urbino) non scriva una riga ammettendo onestamente quanto meno di aver preso una serie infinita di granchi è a dir poco indicativo dello scopo della messa in scena. A quanto pare, il suo mestiere l’ha fatto e perché mai ora dovrebbe fare un passo o, meglio, una maratona all’indietro?
Che dire, poi, del coniglietto Grillo che, svestiti i panni pubblici del leone, se la fa sotto al solo pensiero di confrontarsi con me sulla porcata di cui è stato protagonista (non ideatore, non avendo lui idee proprie)? Al pettegolo Andrea, così come a tutti i suoi simili, non è mai venuto in mente di valutare questa curiosa anomalia. E i silenzi della un tempo verbosa Marina Bortolani? E le sparate in un patetico italiano del grillino Matteo Incerti ora ridotto a cercare gloria tentando goffamente d’intrufolarsi nelle riunioni di paese (vedi Castelnuovo Rangone, vero Matteo?)?
Ma basta: mi sono veramente rotto di tutta questa situazione e di tutta questa oscena corte dei miracoli. Resta solo grande l’amarezza di dovermi ancora trovare tra i piedi imbecilli come questo Andrea o come i “se Beppe l’ha fatto, avrà avuto le sue ragioni” o gli “aspettiamo la versione di Beppe” (già, dopo due anni e mezzo di silenzio atterrito). Gl’imbecilli la cui madre partorisce più di una femmina di topo… in fondo, visti i risultati, hanno vinto loro. Gli schizzi di letame che producono i loro cervellini viaggiano ancora in rete e continuano a colpire. Chapeau.
ancora..?!Dunque, vedo che qui non c’e’ proprio pace.Se fossi in te, Stefano, procederei come segue: 1)eviterei di dire che Grillo non ha idee propie perche’ non e’ vero, semmai direi che con le sue ne ha anche altre…! 2)Considererei il silenzio di Grillo come o una volonta’ sua,perche’ si sente colpevole o solo perche’ e’ venuto a sapere di questa faccenda troppo tardi e ora non la vuole affrontare per non perderci la faccia.Quini lascerei che sia la magistratura a dare un verdetto finale cosi’ almeno arriviamo ad un punto e chiudiamo la faccenda. 3)Non perderei piu’ tempo a discuterne,… Leggi il resto »