I musicofili potrebbero chiamarla cadenza, cioè quell’assolo, a volte improvvisato, spesso virtuosistico e non di rado piuttosto lungo che conclude un’aria o un brano concertistico. E un interminabile protrarsi è quanto stiamo vivendo a proposito della sottrazione dell’ormai famigerato microscopio.
Mi dispiace dovere ancora trattare di un argomento per il quale io stesso ho perso interesse e, anzi, per il quale sento una certa nausea, ma c’è chi mi scrive per essere aggiornato, e, per evitare di rispondere ad ognuno, lo faccio in un colpo solo, una volta sola e per tutti.
Ieri, dopo i tuoni, ci sarebbe dovuta essere la tempesta, con l’Università di Urbino che sarebbe entrata nel nostro laboratorio per portarsi a casa il “suo” apparecchio. Invece si è materializzato soltanto il professor Stefano Papa, preside della facoltà di Scienze, che, naturalmente senza avvertirci nei giorni precedenti perché è scontato che noi siamo al servizio di tutti, non è riuscito ad avere l’ausilio di un tecnico per smontare il microscopio. Della signora Bortolani,
generosa benefattrice con i soldi altrui, ovviamente, nemmeno l’ombra.
La visita si è dipanata un po’ penosamente alla presenza di qualche amico e di qualche giornalista, assenti le testate che non vogliono guai con chi le mantiene, alla faccia della tanto sbandierata libera informazione, e assenti con la giustificazione della viltà gl’internauti del pettegolezzo. Il tutto con il preside in palese difficoltà quando è stato interrogato a proposito dell’uso che si farà dell’apparecchio ad Urbino. Interrogato da me perché ai giornalisti è stato negato il diritto d’intervista e regalata, invece, la minaccia di azioni legali se avessero riportato le sue parole.
Da quanto è risultato, archeologi e geologi useranno il microscopio che verrà anche impiegato a beneficio delle industrie medicali, il tutto con buona pace degl’ingenui che prestarono fede a chi li assicurava che il loro Euro sarebbe andato per munire Gatti e Montanari di un microscopio elettronico. E noi? Beh, come ci è stato assicurato, pagando il noleggio, potremo usare il microscopio “almeno una volta la settimana”. Insomma, quello che ho sempre detto è adesso ufficiale: addio nanopatologie così fastidiose, specie, ma certo non solo, per Urbino che se le è ritrovate contro quando si batteva perché un inceneritore a biomasse fosse costruito a Schieppe di Orciano, a due passi da casa sua.
Può essere curioso notare come il professor Papa ignorasse (o pretendesse d’ignorare) il documento di convenzione a suo tempo firmato dal professor Rodolfo Coccioni responsabile del Centro di Geobiologia dell’Università di Urbino. Riprendendo verbatim il sito della Onlus Bortolani (http://www.bortolanionlus.it/2007/04/02/parte-il-progetto-di-ricerca-sui-possibili-effetti-che-l%e2%80%99inquinamento-da-polveri-puo-avere-sui-bambini-gia-dallo-stato-fetale/) si legge: ‘Tale convenzione consiste in un contratto di comodato d’uso: l’Università potrà utilizzare gratuitamente il Microscopio a scansione ambientale per l’attività di ricerca scientifica. Conditio sine qua non proposta e accettata dall’Università di Urbino è la clausola secondo la quale “L’attività di ricerca oggetto della collaborazione sarà svolta sotto la completa responsabilità della Dott.ssa Antonietta Gatti la quale determina gestione, tempi, modi, durata, luogo dei singoli progetti”.’ Chissà, se il professor Papa lo avesse saputo… E poi, stando a quanto affermato dal sullodato Papa, parrebbe che il professor Coccioni non avesse nessun titolo per impegnarsi come ha fatto. Se il rettore (che, forse poco urbanamente, non si è mai fatto sentire nemmeno per ringraziarmi del lavoro svolto per la sua università) volesse chiarire… La signora Bortolani? Beh, lei quel documento l’aveva scritto personalmente e firmato, ma mica ci si può ricordare di tutto.
Va bene: si era fatto tanto per farsi due risate come si fa su ogni palcoscenico di avanspettacolo.
Alla domanda del perché, se proprio si doveva sottrarre quel microscopio al nostro laboratorio, tradendo comunque gl’impegni proclamati a gran voce con i donatori, non si è pensato che forse il Laboratorio di Biomateriali dell’Università di Modena, di cui mia moglie è responsabile, poteva essere destinazione meno opinabile, il professor Papa ha risposto – e i testimoni erano numerosi – che il rettore modenese gli è stato molto grato (!) di essersi portato via l’apparecchio, aggiungendo poi un episodio che riferirò nelle sedi opportune, sperando che sia frutto di fantasia.
Ma il risvolto più penoso, almeno per me, è stata la mia telefonata a Beppe Grillo. Non accorgendosi che a chiamarlo ero io (“Chi è?” è stata la risposta), non ha lasciato squillare il telefono come ha sempre fatto dal marzo 2008 e ci siamo parlati di nuovo dopo il mio “ingresso in politica” che tanto pare aver disturbato il suo. Dalla conversazione, peraltro limitata a pochissimi minuti e conclusa con la sua dichiarazione di non desiderare di colloquiare con me e conseguente clic, è risultato chiaro che Grillo è in un certo senso una vittima tirata dentro un pastrocchio che in gran parte ignora e per il quale ha prestato fede ad un personaggio scombinato (chiarisco che non mi riferisco alla signora Bortolani la quale sa perfettamente che cosa sta facendo e perché) che ha tutta la mia simpatia umana come hanno i tutti i sofferenti. La responsabilità del comico può essere quella di non aver indagato, di non avermi mai informato delle vigliaccate che si stavano ordendo da lungo tempo alle mie spalle, delle calunnie che si preparavano per giustificare l’impresa, dello “scherzo” che si stava allestendo verso i donatori, gruppo dei quali faccio parte pure io avendo versato soldi ed essendomi massacrato per dodici mesi allo scopo – me ne accorgo solo ora – di fare pubblicità ad un comico che deve riempire i palasport. Una sconfessione con i fatti d’“ideali” strepitati in piazza dovuta a pigrizia? A mancanza di coraggio? A qualcosa che non immagino o che è meglio che non immagini? Non ho idea e non m’interessa nemmeno averla. Ho perso una battaglia in una guerra che ho vinto in partenza e va bene così. Certo, dirsi convinto che noi siamo comunque nella condizione di proseguire la ricerca ad Urbino significa quanto meno credere che la ricerca si faccia quando si ha tempo e voglia tra un pisolino e una mangiata. E questo ci sta con l’incompetenza della persona che certo non sorprende, senza tirare in ballo malafede o altri sentimenti di ancor più bassa nobiltà che voglio escludere e che mi rifiuto anche solo di considerare come ipotesi. Al di là della sensazione che prova chiunque sia stato bidonato, di tutta questa miseria una cosa, lo confesso, m’infastidisce più d’ogni altra: subire come giudice delle nostre ricerche scientifiche un comico e una manciata di psicopatici che non solo non hanno mai avuto l’umiltà di chiedere e la lealtà di controllare ma che, anche se lo avessero fatto, forse non avrebbero capito gran che.
In fondo, distorcendo un po’ il gergo legale, nell’intera vicenda Grillo si è valso della facoltà di non saper rispondere ma, a mio parere, va assolto per non aver compreso il fatto. E, tuttavia, l’amarezza resta e resta forte, perché è a lui, quello che per me era Beppe e ora è il ragionier Giuseppe Piero Grillo, appartenente alla genia di chi ho sempre combattuto, che si deve l’inizio della raccolta fondi che ci ha consentito di fare ricerca a livelli altissimi per tre anni e, comunque sia, chi ha beneficiato del nostro aiuto lo deve in parte a lui. Al di là di tutto, non avrei mai creduto che quel voltafaccia mi costasse tanto dolore.
Il futuro? Dal punto di vista etico qualcuno dovrà interrogarsi sulla moralità di strillare sulla pur infelice sorte di un condannato a morte di là dall’oceano ed infischiarsi, di contro, di delitti infinitamente più gravi, più squallidi perché le vittime sono i bambini nati e quelli che non ce la faranno a nascere, ed infinitamente più numerosi perpetrati a casa nostra. Il prossimo, diceva qualcuno troppo spesso dimenticato da chi se lo porta ipocritamente appeso al collo, è chi ci sta accanto. Per ciò che riguarda il microscopio, il 21 prossimo Urbino tornerà, stavolta munito di tecnico, ed entro il 22 concluderà le operazioni d’impossessamento. Il futuro prossimo è questo.
Pur essendo un aspetto minore della vicenda, va da sé che noi chiameremo in giudizio i vari attori della farsa, così come farà un gruppo di donatori che non hanno gradito il trattamento loro riservato. Ma va altrettanto da sé che, se ci s’illude d’imbavagliarci togliendoci il microscopio, non si è capito con chi si ha a che fare. Non si creda che tutta la grottesca corte dei miracoli di politicanti, imprenditori con i soldi altrui, faccendieri , casalinghe inquiete ed accademici d’incerta alfabetizzazione di cui si difendono gl’ interessi e i capricci abbia vinto. Con l’aiuto di chi conserva cocciutamente una coscienza, noi avremo un terzo microscopio, e questo non sarà intestato ad altri che a noi, cosicché stavolta, se si vuole continuare con questa guerra immorale, si dovrà mettere una bomba in laboratorio o fare finalmente accadere quello “strano incidente stradale” più volte predettomi. Ma l’avere un terzo microscopio non serva per alleggerire la coscienza di chi ci ha sottratto questo né di chi, potendo, non ha levato un dito per impedire lo scempio né di chi sapeva e ha taciuto. Il peso della loro azione resta immutato.
E ora lasciatemi cedere all’orgoglio: ci portano via il microscopio, ma il cervello e il cuore sono impossibili da rubare.