“Sbatti il mostro in prima pagina!”
“E se il mostro non c’è?”
“Lo si inventa.”
Certo: lo s’inventa perché, oggi come al tempo dei circhi romani in cui le belve sbranavano esseri umani per il diletto del pubblico, il volgo pretende il sangue.
Il 22 febbraio 2018 la Guardia di Finanza fece con grande educazione il suo ingresso a casa nostra e pochi minuti dopo, con un’altra squadretta altrettanto educata, entrò nel nostro laboratorio. Ci furono sequestrati i computer, tutti i supporti informatici e documenti assortiti.
In un lampo, la cosiddetta informazione s’impadronì della ghiotta notizia e ci fu una torma di “benpensanti” che sentenziò sulla nostra colpevolezza senza necessità di un processo. Un noto domatore di somari popolarmente spacciato addirittura per scienziato si esibì immediatamente in tutto il suo splendore, gongolando in attesa delle mazzate che ci sarebbero arrivate, perché, come dice saggiamente il popolo, “la Guardia di Finanza non si muove per niente.”
Il risultato fu ovviamente zero perché, se non si vogliono fabbricare artificialmente prove, noi eravamo vistosamente innocenti e diventava impegnativo punirci per un delitto che, comunque lo si voglia guardare, non avevamo commesso.
La stangata, comunque, ci fu. Ci fu non dalla magistratura ma a causa dei problemi pratici ed economici provocati da quell’azione e continua ad esserci perché chi avesse tempo e voglia di entrare in quell’osteria sconfinata che è Internet, troverebbe ancora la notizia del sequestro e i commenti di chi ha espresso il suo giubilo.
Non parlo dei poveretti che, per una sorta di vendetta contro un destino che li ha voluti minorati, trovano sollievo e godimento nei guai altrui comunque generati, ma deontologia vorrebbe che i mezzi di cosiddetta informazione, così lesti ad impadronirsi della notizia del sequestro, pubblicassero con pari grancassa il finale. In questo caso un finale che risale addirittura a diversi mesi fa con l’archiviazione per “assoluta infondatezza” della denuncia. Ma la deontologia non paga.
Il comunicato stampa inviato ai giornali a precisazione della vicenda così palesemente mal rappresentata è caduto nel vuoto: nessuno l’ha pubblicato.
Da un certo punto di vista capisco chi gestisce la cosiddetta informazione: a chi importa che il condannato alla tortura sia innocente? Mica ci si diverte così.
E capisco anche il silenzio dei “professori” che hanno la lingua lunga e le gambe corte e che, per essere arrivati dove stanno, devono essere necessariamente non solo ignoranti e scarsamente intelligenti, ma disonesti a prova di bomba.
Vabbè: il comunicato stampa snobbato da una stampa costretta a far finta di niente me lo pubblico da me:
* * *
Quando il 22 febbraio 2018 la Guardia di Finanza, in esecuzione di un decreto del Pubblico Ministero, sequestrò i nostri computer personali, nonché quelli rinvenuti presso il nostro Laboratorio Nanodiagnostics S.r.l., non pochi “leoni da tastiera”, in barba alla presunzione di non colpevolezza sancita dalla Costituzione, si affrettarono a sentenziare: i dottori Gatti e Montanari sono due mascalzoni. Il senso ultimo delle esternazioni feroci (per usare un eufemismo) che si susseguirono era, in buona sostanza, uno e uno solo: se la Guardia di Finanza si muove, è sempre per una ragione.
E la ragione, almeno apparentemente, c’era: nel 2017 era stata presentata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia una “denuncia per truffa con richieste istruttorie urgenti a carico dei signori Antonietta Gatti e Stefano Montanari”. A seguito di quella querela si originò un procedimento penale che ci vide sottoposti ad indagini per i reati di tentata truffa aggravata ed appropriazione indebita aggravata in relazione all’asserito utilizzo di un microscopio elettronico a scansione ambientale (acquistato attraverso una raccolta fondi popolare) anche per “scopo di lucro privato”, ossia non soltanto per lo svolgimento di ricerche scientifiche di interesse generale, ma anche per effettuare analisi scientifiche per clienti del nostro Laboratorio.
In realtà, quella denuncia era, per la gran parte, coincidente con altra che la stessa denunciante aveva presentato, nel 2014, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Modena e che era già stata archiviata, nel 2015 per “assoluta infondatezza della notizia di reato”, dal Giudice per le indagini preliminari in accoglimento della richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero.
Nei giorni immediatamente successivi al sequestro, a causa delle gravissime distorsioni ai quali andò incontro, sul web, la relativa notizia, io Stefano Montanari mi trovai costretto a precisare che “…i fatti per i quali io e mia moglie risultiamo attualmente sottoposti ad indagini ad opera della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia non riguardano, a quanto ci consta, né il merito scientifico delle ricerche sulle nanopatologie che da moltissimi anni conduciamo con dedizione ed impegno, né tanto meno la raccolta fondi popolare che abbiamo recentemente lanciato per l’acquisto di un microscopio elettronico. Abbiamo piena fiducia nell’operato della magistratura e siamo certi che dimostreremo la nostra estraneità ai fatti ipotizzati a nostro carico.”.
E così fu, in effetti.
Un paio di settimane dopo il sequestro, il 12 marzo 2018, il Tribunale di Reggio Emilia Sezione Penale e del Riesame – al quale ci rivolgemmo con istanza motivata (ed ampiamente documentata) di riesame – annullò il decreto di sequestro impugnato (disponendo contestualmente la restituzione di quanto era stato sottoposto a vincolo reale): ne venne ritenuta dai Giudici la “infondatezza” in quanto esso era “sprovvisto del fumus dei delitti contestati”, ossia, in altre parole, poiché difettava il requisito, imprescindibile, della configurabilità degli ipotizzati reati di tentata truffa aggravata e di appropriazione indebita aggravata.
Merita di essere evidenziato, peraltro, il fatto che lo stesso Tribunale nel proprio provvedimento aveva dato atto, tra l’altro, che “…incontroverso è il diritto costantemente accordato a Montanari Stefano e a Gatti Antonietta Morena di fare uso del microscopio per quelle attività di ricerca in materia di nanopatologie alle quali già era stata preordinata la raccolta dei fondi presso la collettività…”.
Qualche mese dopo, il Pubblico Ministero, richiamandosi alle motivazioni addotte dal Tribunale del Riesame, chiedeva l’archiviazione del procedimento penale che pendeva a nostro carico.
Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Emilia, con ordinanza depositata il 5 giugno 2019 emessa all’esito di udienza camerale, accoglieva la richiesta del Pubblico Ministero ed ordinava l’archiviazione di tale procedimento penale, ritenendo, tra le altre considerazioni in fatto e in diritto ivi svolte, che “…non si ravvisa alcuna condotta di appropriazione definitiva dello strumento; lo stesso risulta custodito presso l’ente comodatario attuale ossia ARPA Pesaro; né il fatto di utilizzarlo anche per finalità private e non solo per ricerche di interesse generale, ammesso che sia dimostrato o dimostrabile in ipotesi, potrebbe configurare da parte degli indagati una condotta di acquisizione del possesso o un contegno uti domini in relazione all’apparecchiatura…”, dando atto, peraltro, che “…il giudice dell’esecuzione ha escluso con sent. 20/10/2016 che sussistesse un vincolo di uso del microscopio senza fine di lucro…”.
Ancora oggi, a distanza di quasi due anni dal sequestro del febbraio 2018, se si inseriscono i nostri cognomi sui più famosi motori di ricerca compare, tra i primissimi risultati, la notizia di quel sequestro. Una notizia che ancora oggi qualcuno continua a strumentalizzare facendone un uso distorto e gravemente infamante. E’ questo il motivo per cui abbiamo deciso di rendere noto come si sia definito quel procedimento penale: lo dovevamo alla nostra onorabilità personale e professionale, che in questi anni è stata troppo spesso ingiustamente infangata, ma soprattutto lo dovevamo alla instancabile attività di ricerca scientifica cui abbiamo dedicato e continuiamo a dedicare la nostra vita, con lealtà, coraggio ed abnegazione.
Dott. Stefano Montanari Dott.ssa Antonietta Gatti
Egr. Dr. Montanari,
“La stangata, comunque, ci fu.”
Pensi solo a che macigni vi sarebbero potuti cadere addosso se, oltre ad essere stati assai impertinenti sui vaccini, voi aveste osato “uscire dal PD.”
https://www.facebook.com/matteorenziufficiale/posts/10157211397504915
RISPOSTA ad Aurelio – Ma sì: in fondo ci è andata bene.
I finanziamenti anche di case farmaceutiche alla fondazione citata è già pubblica da alcuni anni, mi chiedo solo come mai si indaghi solo ora. Ho l’impressione che il vento per certi personaggi stia lentamente cambiando….
RISPOSTA a Gian Pilz – Non illudiamoci: chi fa il bravo non viene toccato.
Fintantoché non sia più utile alla causa………..dopodiché viene scaricato e diventa un ottimo capro espiatorio
RISPOSTA a Gian Pilz – Il gioco è semplice e, senza fare nomi, sono certo che troverà non pochi casi cui il gioco si applica. Si prende un personaggio che abbia le seguenti caratteristiche: un quoziente intellettivo relativamente basso ma sufficiente per comprendere gli ordini, una cultura appiccicata con lo sputo ed opportunamente distorta, una statura morale inesistente, una presunzione senza pari e una collezione corposa di delusioni per essere stato respinto dovunque si fosse presentato. Magari quel poveretto era stato considerato per quello che effettivamente era e resta, cioè un patetico imbecille, già dai suoi compagni di scuola. A… Leggi il resto »
Sì però l’utile idiota dovrebbe capire che quando si esagera si finisce per ottenere l’effetto contrario a quello desiderato. Ma l’idiota, essendo tale, non lo capisce e così finisce per essere solo un idiota, neppure utile.
RISPOSTA a Paride – Credo sia indispensabile guardara il fenomeno dal punto di vista che conta, cioè quello di Big Pharma. L’idiota è utile per un determinato periodo, quello nel corso del quale gli è dato d’imperversare. Poi, inevitabilmente, quando l’idiota non servirà più, qualunque ne sia la ragione, verrà dimenticato e tornerà nell’oblio e, ahimè, nello scherno di qualcuno. E’ evidente che, trattandosi di un idiota, per di più caratterizzato da ignoranza e disonestà, il personaggio non è capace di prevedere l’ovvio futuro e, nel suo periodo di splendore, riterrà che le cose continueranno in eterno come sono al… Leggi il resto »