ArchivioI vostri articoli

Bertinotti: la storia si ripete

  Pochi anni dopo aver dato i natali a “Rifondazione comunista”, Fausto Bertinotti, irrobustito spiritualmente dalla recente visita al monte Athos in Grecia, con relativo scambio culturale con i monaci ortodossi, ordina al suo partito che “bisogna avere il coraggio di rischiare”, e la novità è che bisogna cancellare il termine comunismo dalla rivista del partito, da sostituire con il più blando termine di socialismo.

La vera questione è che ci vuole una gran faccia di bronzo a definire comunista un partito che non è stato capace nemmeno di dare una organizzazione e una visibilità a disoccupati e precari, e nemmeno il socialismo nel suo vero significato, ossia “la proprietà sociale dei mezzi di produzione”, è minimamente alla portata, visto che, “democraticamente”, questo obiettivo non è raggiungibile.

Tra l’altro il termine “socialismo” è intriso del fetore ladresco lasciato dai partiti socialisti europei senza più identità né ideologia, è defunto nel mortale abbraccio con l’economia capitalista, come accadrà anche al neonato “Partito democratico”, che sa tanto di antico, basta aggiungere l’aggettivo “cristiano”.

Sarebbe  ora di smetterla di prendere per i fondelli le persone sventolando bandiere che servono solo ad emozionare, facendo discorsi incomprensibili, dichiarandosi pacifisti e poi votando per il finanziamento alla guerra all’Afghanistan, con quella ignobile doppiezza che allontana dalla politica tutte le persone perbene, politica che è ormai diventata un campo separato dalla società civile, arroccata nel “Palazzo”, con i “media” a disposizione, inamovibile e subalterna al potere economico che senza controlli e senza regole segue i suoi percorsi di profitto e di distruzione.

E mentre l’anziano Bertinotti, dall’ormai incerta identità, trasferisce in politica i suoi problemi esistenziali (“la carne al mondo, le ossa a Dio”), i problemi veri restano senza risposta e, in estrema sintesi, si tratta di come fermare una economia globale distruttiva e trasformarla rapidamente in economia sostenibile.

La totale responsabilità del riscaldamento globale del pianeta è delle forze economiche, nazionali e multinazionali, capitaliste e socialiste, che hanno deciso uno sviluppo produttivo e di consumo senza porsi il problema se questo fosse compatibile con la prosecuzione della vita sulla terra.

Anche se non vi sono più dubbi sul rapporto causa-effetto del riscaldamento globale e il tempo per rimediare è poco, nessuna seria e tempestiva misura è stata adottata,perché vi è una classe politica (quella degli USA è la massima espressione) che è stata messa al potere dal denaro degli industriali e delle multinazionali, che difenderà ottusamente fino alla fine i profitti dei propri finanziatori.

Tutti gli attuali politici, a livello globale, sono responsabili di omissione di intervento e di disastro colposo e devono essere sostituiti. Per intenderci, la politica industriale negli Usa deve essere diretta da Lester Brown (fondatore del World Watch Institute) e non dai petrolieri.

Scienziati e movimenti che hanno la paternità di aver messo in allarme il mondo sui pericoli di uno sviluppo insensato, per anni derisi, sbeffeggiati e denigrati come catastrofisti, devono esprimere la classe dirigente moralmente e tecnicamente capace di invertire la rotta e chiedere il consenso dei cittadini sul proprio programma di intervento.

Attività industriali e trasporti producono l’80% dei gas serra.

Una nuova politica deve imporre a questi barbari regole di sostenibilità, deve finire l’anarchia che consente di inquinare e di produrre cose nocive alla salute e all’ambiente. La politica e non il potere industriale deve guidare il risanamento, la sostenibilità, la dismissione di tutti gli eserciti offensivi.

Chi non guarda le cose con questa apertura mentale e pensa che basti solo qualche ritocchino, appartiene a quel passato che rischia di condannarci tutti a morte.